L'uso dei bambini nei conflitti e gli abusi nei loro confronti - Monastero del Bene Comune

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mercoledì 25 settembre 2019

L'uso dei bambini nei conflitti e gli abusi nei loro confronti

Dalla Somalia alla Nigeria, alla Repubblica democratica del Congo, passando per Afganistan e Yemen. L’uso di bambini nei conflitti e gli abusi nei loro confronti non registra flessioni ma anzi, come nel caso del Sud Sudan, addirittura un incremento.


In Sud Sudan il reclutamento forzato di bambini soldato sta aumentando, nonostante un accordo di pace firmato un anno fa. “Paradossalmente, la prospettiva della pace ha accelerato il reclutamento forzato di bambini, con il governo e vari gruppi armati che ora cercano di aumentare il loro numero prima di trasferirsi negli hotspot" in cui dovrà formarsi il nuovo esercito nazionale. Ad affermarlo è Yasmin Sooka, presidente del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, presentando un rapporto sulla condizione dei minori nel paese.

Ma il Sud Sudan è solo uno delle decine di paesi in guerra, nei quali la condizione dell’infanzia è terribile. Lo afferma un rapporto del Segretario Generale delle Nazioni Unite, diffuso il 30 luglio scorso, che fa l’elenco di eserciti e guerriglie responsabili di arruolamento e utilizzo di bambini nei conflitti e di altre violenze contro i minori.
Nella lista sono presenti, da molti anni, la polizia nazionale dell’Afganistan e l’esercito nazionale della Somalia, due paesi interessati da decenni di conflitti a bassa intensità. L’Onu evidenzia che, i più piccoli, oltre che come combattenti, sono utilizzati dai movimenti jihadisti per attentati suicidi contro i civili, come ausiliari, schiave sessuali o bersagli umani.
La Somalia si conferma il paese in cui le Nazioni Unite hanno censito il maggior numero di casi di arruolamenti o utilizzo di minori (2.300), segue la Nigeria con quasi duemila casi. In Somalia l’arruolamento dei piccoli, anche di 8 anni, da parte dei terroristi, è addirittura in crescita, mentre l’esercito è responsabile di 155 arruolamenti. Non da meno la polizia, che conta tra le sue fila 93 minorenni.
Tutto ciò non ha suscitato alcuna reazione da parte dell’Italia che destina importanti aiuti militari al paese. Nell’ex colonia, nell’ambito della missione europea di addestramento dell’esercito di Mogadiscio (EUTM Somalia) sono schierati un centinaio di soldati italiani, comandati da un nostro generale, così come esiste una missione bilaterale per addestrare la polizia del paese africano. La Somalia è anche destinataria di importanti fondi della cooperazione allo sviluppo da parte dell’Italia che ha ottenuto l’elezione al Consiglio Onu per i diritti umani per il triennio 2019-21, anche per il suo impegno contro il fenomeno dei bambini-soldato.
A livello mondiale quasi 14mila bambini soldato sono stati liberati o reintegrati, ma il problema dell’arruolamento e del loro utilizzo nei conflitti permane, e rimane assai diffuso. Mentre tanti ragazzini sono tornati in libertà, altre migliaia hanno iniziato il loro calvario. L’anno scorso, infatti, sono stati rapiti circa 2.500 bambini: in Somalia (1.609 casi), Repubblica democratica del Congo (367 casi) e in Nigeria (180 casi).
I ragazzi e le ragazze che sono o sono stati associati a guerriglieri, compresi i terroristi, dovrebbero essere considerati delle vittime da tutelare e da curare dalle profonde ferite fisiche e mentali che hanno subito. A centinaia, invece, sono detenuti in Nigeria e in Somalia perché i genitori sono ritenuti appartenenti rispettivamente a Boko Haram o ad al-Shabaab.
L’elenco delle violenze contro l’infanzia in decine di paesi del mondo non finisce qui: gli attacchi contro scuole e ospedali (oltre mille casi), che rendono di fatto impossibile il diritto allo studio e alla salute, sono sempre più diffusi, in spregio al diritto internazionale. La moltiplicazione di tali attacchi è stata registrata in Libia, Mali, Nigeria, Repubblica Centrafricana, Somalia, Sudan e Yémen.
Nella rassegna degli orrori compiuti contro bambine e bambini ci sono anche gli stupri. Nel 2018, sono stati confermati almeno un migliaio di casi. I paesi in cui l’Onu ne ha registrato il maggior numero sono la Somalia (oltre 300 casi, di cui 50 compiuti da uomini dell’esercito e 16 dalla polizia) e la Repubblica democratica del Congo (277 casi). Tale numero è però largamente sottostimato, vista la stigmatizzazione sociale che comporta per le vittime, l’assenza di adeguati servizi di assistenza, ma soprattutto perché ormai lo stupro è utilizzato come arma in paesi in guerra da decenni. E in questa situazione i responsabili sono sicuri di poter godere dell’impunità.
17-09-2019

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