Meditazione II Domenica di Pasqua B - Monastero del Bene Comune

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sabato 10 aprile 2021

Meditazione II Domenica di Pasqua B

 

Ricordiamo davanti a te, o Signore

  • Devastante alluvione tra Indonesia e Timor est, decine tra morti e dispersi nell’area del sud-est asiatico colpita da fortissime inondazioni e frane.

  • Mozambico: proseguono nel Paese gli scontri nella città nord-orientale di Palma, caduta in mano ai jihadisti. Più di 670mila le persone costrette a lasciare le loro case a causa della violenza nella regione. Il brutale attacco delle milizie jihadiste del 24 marzo scorso è stato un massacro senza precedenti con persone decapitate e corpi mutilati.

  • Sudan: Il governo ha dichiarato lo stato di emergenza nello stato del Darfur occidentale dopo che almeno 40 persone sono state uccise e 58 ferite in tre giorni di scontri.


Signore, abbi cura di noi: Kyrie eleison...

Aiutaci a custodire la speranza

  • Il Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione ha reso noto che alla Messa che sarà presieduta dal Papa in Santo Spirito in Sassia, nella Domenica della Divina Misericordia, saranno presenti ospiti di alcuni istituti di pena e persone provenienti dal Medio Oriente e dall'Africa.

  • Il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale e la Commissione Vaticana per il COVID-19 promuovono l’iniziativa per cancellare il debito nei Paesi africani, ma che si estende a tutto il mondo, con lo scopo che l’iniziativa arrivi al G7 e al G20 per incidere sulla questione

  • Ricordiamo come dono offerto al cammino della Chiesa e dell’umanità il teologo svizzero Hans Küng, deceduto all’età di 93 anni, nei giorni scorsi. Profondamente legato in cuor suo alla Chiesa, non ha mai pensato di abbandonarla, ma l’ha criticata anche duramente, aprendo discussioni e dibattiti.

  • 7 aprile 2021 Giornata mondiale della salute. 100 associazioni in Italia hanno aderito alla Campagna europea "Diritto alla cura. Nessun profitto sulla pandemia " per la sospensione dei brevetti sui vaccini per la pandemia.

Per la bontà che abita nel cuore umano e per coloro che si mettono a disposizione del bene, a te la lode e la gloria, o Signore: Misericordias Domini in aeterno cantabo.


Vieni ed entra nei nostri cenacoli chiusi, Signore, perché abbiamo tutti e di tutto paura: paura di credere, paura di non credere, paura di essere liberi; e poiché la tentazione di asserragliarci in antichi steccati è sempre grande, vieni ed abbatti le porte dei cuori, le differenze e i molti sospetti soprattutto fra quanti dicono di crederti. Amen


Atti 4, 32-35 1Gv 5, 1-6

Gv. 20, 19-31


19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Didimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

***


In questo brano abbiamo la prima delle due conclusioni del Vangelo di Giovanni: “…Ma questi (i segni) sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome”. Il capitolo successivo è un'aggiunta ecclesiale assai significativa. Avere la vita nel nome di Gesù, significa fare della nostra vita la manifestazione della sua risurrezione.

Nel racconto di atti 4, 32-35, la prima lettura, la Chiesa delle origini manifesta la risurrezione di Gesù attraverso una vita di condivisione: “Nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva…Il ricavato veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno”. Il “nome” di Gesù, ovvero la realtà della sua presenza vivente, comincia a manifestarsi laddove scompare la mentalità privatistica del “mio” e del “tuo” per rendere possibile la nostra originalità più radicale: la fraternità. Gesù risorto attraversa così la porta di chi si chiude in sé stesso accumulando beni e risorse per proteggersi dagli altri. Con lui, l’altro, ogni altro non è più una minaccia alla propria sicurezza.

Invece, la sera di quel giorno, discepoli abitano la stanza della paura. Gv. rende questo clima con alcune espressioni: caduta la notte e le porte chiuse (sprangate).

Gesù, rendendosi presente dentro le paure, svela l’inconsistenza della loro chiusura, di ogni chiusura perché vi entra con l’amorevolezza inesauribile di colui che prima di morire si piegò a lavare i piedi. Grazie a quell'amore certo, la comunità delle discepole e dei discepoli può lanciarsi e sbilanciarsi fino ad osare la profezia del primo giorno dopo il sabato. Ecco perché il saluto di Gesù si realizza nel dono della pace-shalom come un restare in piedi nella vita, senza timori, come possibilità di realizzare le promesse di bene di cui ogni essere è portatore. Il dono diventa poi un incarico: Vi do lo shalom, rimettete i peccati. Vale a dire, riportare le situazioni umane in un orizzonte di giustizia e di verità.

Mi sono spesso interrogato sulla consegna di Gesù ai suoi di “rimettere i peccati”. Dobbiamo riconoscere che nel corso dei secoli i ministri della chiesa hanno operato una sorta di sequestro teologico, avocando a sé il potere (arbitrario) di accordare o negare il perdono delle colpe. In altri termini, la chiesa ha letto in queste parole del Vangelo il conferimento di una potestas giuridico-canonica riservata ad alcuni mediatori. Eppure Gesù non emana un decreto, ma soffia l’alito; ciò che di lui è più intimo, vitale e misterioso. Il per-dono, ossia il dono- per- il -dono, il dono che prescinde dal merito, non corrisponde esattamente a un’assoluzione di carattere forense; non è il colpo di spugna! È un’esperienza che sgorga dal di dentro sia per chi la offre come per chi la riceve. Un alito dal profondo come il respiro di Dio che nella creazione da vita alle cose che ancora non sono.

Trovo molto bella l’espressione “rimettere i peccati”.

Il peccato, più che un’infrazione di una regola morale, è sostanzialmente una chiusura, un blocco, un peso che opprime e schiaccia. Perciò si tratta di un rimettere in piedi chi è schiacciato; un far rivivere (risuscitare) una relazione bloccata dal risentimento e dal sospetto; un ridare credito alla fiducia; un onorare la dignità distribuendo a ciascuno secondo il suo bisogno. Tutto ciò è rimettere i peccati e consentire che “la vita nel nome di Gesù” manifesti la sua risurrezione.

Chi, con Gesù, opera il passaggio dal risentimento al perdono, avverte dentro di sé la potente leggerezza dello shalom. Talvolta, nell’attesa di una rivincita per un’offesa subita, con l’immaginazione accarezziamo il momento in cui l’altro cade umiliato davanti a noi, costretto a rimangiarsi tutto. Mentre le migliori energie interiori si consumano dietro questo film, ci sembra di provare una sensazione di appagamento liberatorio. Invece ogni aspettativa di soddisfazione lascia spazio ad una intossicazione velenosa che ci disumanizza dal di dentro. Il veleno in noi va montando e le migliori energie si disintegrano. Accogliere l’alito di misericordia del Signore e intraprendere la via del perdono (per-il-dono) porta ad avvertire che i primi beneficiari della guarigione siamo noi. Il veleno del rancore perde il suo principio attivo e, passo dopo passo, possiamo gustare intensamente il profumo della pace: Vi do la mia pace!

Occorre prendere parte al progetto di una nuova creazione sulla quale ormai il Signore ha già effuso il suo Soffio vitale. Questo è “avere la vita”.

Alla fede, che rompe con i “mondi chiusi”, si perviene attraverso un cammino da cui non è esente il dubbio e la perplessità (Tommaso è presentato come il “gemello”, lui è come noi, noi siamo come lui). Egli non perviene alla fede perché il suo bisogno probatorio ha raggiunto gli elementi sufficienti per credere, ma perché anche lui si trova di fronte a quei segni che lo riportano all'amore incondizionato e inesauribile. Se si fosse trattato di soddisfare al desiderio di avere delle prove, sarebbe bastato constatarne la presenza, invece, è invitato a toccare (entrare in contatto) con i segni di quell'amore. La fede non nasce dalle prove ma dall'amore. Infine, è assieme agli altri che si giunge a superare le strettoie del dubbio e si perviene alla commovente adesione fiduciosa. Lo sguardo fisso sui segni dell’amore fedele (guarda…tendi la mano) consente di rimanere uniti agli altri nonostante tutto. Possiamo rimanere con le nostre paure, fatiche, immaturità ecc. perché l’amore fedele non abbandona nessuno.



Salmo 117


Dica Israele:

«Il suo amore è per sempre».

Dica la casa di Aronne:

«Il suo amore è per sempre».

Dicano quelli che temono il Signore:

«Il suo amore è per sempre».

La pietra scartata dai costruttori

è divenuta la pietra d’angolo.

Questo è stato fatto dal Signore:

una meraviglia ai nostri occhi.

Questo è il giorno che ha fatto il Signore:

rallegriamoci in esso ed esultiamo!

Ti preghiamo, Signore: Dona la salvezza!

Ti preghiamo, Signore: Dona la vittoria!

Benedetto colui che viene nel nome del Signore.

Vi benediciamo dalla casa del Signore.

Il Signore è Dio, egli ci illumina.


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