Meditazione XIIIa domenica B - Monastero del Bene Comune

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lunedì 28 giugno 2021

Meditazione XIIIa domenica B

 


Meditazione XIIIa domenica B

Ricordiamo davanti a te, o Signore

  • Tigray - Etiopia: raid aereo su un mercato. Secondo testimoni oculari, sarebbero almeno 80 le vittime e decine i feriti.

  • Il riscaldamento globale mette a rischio l’umanità. Sono 420 milioni le persone in più sulla Terra che dovranno affrontare "ondate di caldo estremo”.

  • Brindisi. Bracciante morto di fatica e di caldo. Camara, originario del Mali, è stato stroncato da un malore dopo oltre quattro ore nei campi. La reazione dei sindaci di Brindisi e Nardò: ora basta, vietato lavorare nelle ore più calde del giorno.

  • Mar Rosso. Naufragio in Yemen, sarebbero 300 i migranti morti.

  • Con circa l’1% della popolazione vaccinata, l’Africa è ancora lontana dal raggiungere un’immunità di gregge nella lotta al Covid-19 mentre una terza ondata del virus e delle sue varianti sta colpendo il continente.

  • Nel 2020 i bambini e le bambine nelle aree di crisi di molte parti del mondo sono stati al centro di violenze e abusi. 26.425 gravi violazioni tra cui attacchi a scuole, ospedali e il negato accesso all’assistenza umanitaria.

Signore, abbi cura di noi: Kyrie eleison...


Aiutaci a custodire la speranza

  • 45 migranti dal Niger sono arrivati in Italia attraverso i corridoi umanitari. Si tratta di otto famiglie e 22 bambini da tutta l'Africa e scampati ai campi libici. Saranno accolti da otto diocesi italiane. Oliviero Forti: potranno finalmente vivere in sicurezza e dignità.

  • Il cardinale Parolin apre il Festival dell'Ecologia integrale. Alla sua prima edizione, intitolata "Nel creato tutto è in relazione: ritrovare i legami”.

  • Mozambico, i bambini di Beira tornano ad imparare, giocare e mangiare. Nella città africana è stato riaperto l’asilo della Comunità di Sant’Egidio. Dopo la lunga chiusura imposta dalla pandemia di Covid-19, i piccoli si ritrovano di nuovo dietro ai banchi.

  • Sono stati rilasciati quasi tutti i cattolici maliani, rapiti martedì scorso da sconosciuti nella regione di Mopti, nel Mali centrale.


Per la bontà che abita nel cuore umano e per coloro che si mettono a disposizione del bene, a te la lode e la gloria, o Signore: Gloria in excelsis


Signore Dio, noi ti preghiamo per l'umanità alle prese con molteplici forme di morte. Tu non sei un Dio che mortifica. Concedici di trovare in te la vera vita. Amen


Sap 1, 13-15.2, 23-24 2Cor 8, 7.9.13-15

Mc 5, 21-43

In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».
Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

***

Attraverso il linguaggio parabolico, Gesù ci ha parlato del Regno come una realtà dinamica che inarrestabilmente cresce secondo il rapporto che esiste tra il seme, l'albero e il frutto: nel Regno (cioè nella storia secondo Dio) tutti ne ricevono beneficio, sia i figli d'Israele che i pagani. Tra i rami di quell'albero c'è davvero posto per tutti. È in fondo questo il motivo per cui Marco, in questa parte del suo Vangelo ci presenta Gesù che si sposta da una sponda all'altra del mare di Galilea: ora sulla sponda d'Israele e ora sulla sponda del territorio pagano. Sia da una parte che dall'altra, la sua azione è sempre un'azione liberante.

L'ambiente in cui è collocato questo racconto è il territorio di Israele.

I soggetti che entrano in scena sono parecchi: Giairo, la folla, la donna, i discepoli, Pietro, Giacomo e Giovanni, la moglie di Giairo e la fanciulla. Ma ad emergere da quest'insieme di personaggi sono senz'altro la donna e la fanciulla.

I dodici anni di inutile terapia della donna e i dodici di età della fanciulla inducono a considerare l’una e l’altra come figure che rappresentano l’intera comunità. Infatti è il numero che rappresenta tutto Israele. Pertanto, ciascuno di noi si può riconoscere nell’emorroissa e nella fanciulla, allo stesso modo, pure le differenti reazioni degli altri personaggi ci rappresentano.

Il racconto è presentato in tre momenti:

  1. Giairo incontra Gesù e gli espone la sua situazione. Egli ha un ruolo ma nel confidarsi con il maestro non presenta la sua richiesta accreditandola con i titoli del ruolo che ricopre: capo della sinagoga. Egli è semplicemente uomo, anzi, Giairo, nome che significa “egli risveglia”. Nell'esporre il suo caso, questo padre parla della figlia come una persona ancora piccolina, una bambina che non ha potuto godere dei risvegli della crescita. Si tratta di una persona radicalmente bloccata allo stadio infantile. La richiesta del padre della bimba, ricorre ad un lessico che va oltre la guarigione vera e propria, egli formula una domanda di salvezza, salvezza da qualcosa di catastrofico, qualcosa di esistenzialmente fallimentare.

  2. La vicenda ed il cammino di Giairo con Gesù si interrompe per lasciare spazio al racconto della donna emorroissa. Anche questa parte evoca un processo salvifico che si estende oltre l'aspetto della salute fisica. È salvezza da un pericolo. Tanto che, al termine, Gesù rivolge alla donna l'invito a camminare verso la pace – shalom – ossia verso la vita in tutte le sue possibilità buone e positive. In questa fase della narrazione è molto presente il verbo toccare, nel senso di entrare in contatto diretto non mediato, un contatto reso con una particolare efficacia dal fatto che la folla “comprimeva” Gesù. Da lui esce una potenza. Potremmo dire una risposta di amore a quel contatto che lo porterà a svuotarsi totalmente per amore dell'umanità.

  3. Siamo nella casa di Giairo con il trambusto, i discepoli, la madre e, finalmente la fanciulla restituita alla vita. La gente della sinagoga è decisamente scomposta di fronte alla morte. Piange, urla e al tempo stesso deride. È la scompostezza di tutte le situazioni senza via di uscita: nella disperazione dell'impotenza piangere o ridere è la stessa cosa. È purtroppo una scena destinata a ripetersi nel contesto del processo di Gesù e perfino sotto la croce. In ogni caso, è proprio in questa situazione limite che esplode la visione di Gesù di fronte a tutte le situazioni di morte. Per lui non è che un sonno, vale a dire una situazione transitoria. Nel Regno non ci sono vicoli ciechi, strade senza uscita, è questo che le chiese devono fermamente credere. Verso questa umanità bloccata nell'infantilismo e ben simboleggiata dalla fanciulla, si comporta come lo sposo del cantico dei cantici, la prende per mano. Gesù è colui che fa vivere l'umanità perché vuole veramente bene! Così, quella fanciulla si scopre che ha dodici anni. Donna deve diventare. Deve crescere. Non è possibile che non raggiunga la pienezza adulta, perciò: Datele da mangiare!

Due storie intrecciate di donne:

una donna adulta e una giovane ragazza. Due donne quindi.

La prima non è in grado di custodire la crescita perché in lei la vita se ne va momento dopo momento, la seconda non ha conosciuto crescita.

La tradizione religiosa e l’apparato che le due figure rappresentano non sono in grado di custodire la vita (il sangue è la vita secondo la concezione del tempo), né di far crescere la vita.

Ogni apparato, religioso o civile che sia, che emargina o che infantilizza le persone non può rappresentare Dio.

Occorre prima di tutto essere seri di fronte alla nostra stessa umanità nel riconoscerla per quello che è: incapace di autosalvazione. Senza aprirci al dono di Dio non siamo in grado di dare crescita e bontà alla vita nostra e altrui. Il padre della ragazza lo comprende molto bene. Egli non si presenta a Gesù con i titoli che derivano dal suo ruolo. La donna… porta con sé la consapevolezza di inutili terapie.

L’uno e l’altra sono sanno di non avere con sé altro che la loro umanità. Entrambi la portano al Signore. Per la donna è importante entrare in contatto con Gesù.

Gesù entra nelle disperazioni e nei non-sensi di ciò che proviamo di fronte alle nostre morti siano esse fisiche che morali quotidiane. Ogni strada senza via d’uscita è morire.

Ma per Gesù che si avvicina all’umanità con amore e non con il calcolo di chi la sottomette o la emargina, non è vero che non possiamo trovare strade di crescita e sviluppo di vita. Per lui morire non è che un sonno, al sonno poi, lo sappiamo bene, segue il risveglio. Possiamo passare oltre. Ed ecco che il contatto guarisce.

A conclusione, non dimentichiamo che l’evangelista Marco destina il suo racconto a tutti coloro che, attratti dalla figura di Gesù, si trovano a camminare insieme come discepoli e discepole, formando così la Chiesa, ovvero la comunità del Vangelo. Ebbene, la vitalità della chiesa dipende dalla sua decisione di mettersi in contatto con Gesù e dal suo lasciarsi raggiungere dal suo amore per tutta l’umanità. Senza questo contatto diretto e senza provare, attraverso la sua amorevolezza, amore, cura e nutrimento per l’umanità, la Chiesa assomiglia alla gente che comprimeva, che schiacciava Gesù. Pretendere di contenere Gesù dentro gli schemi istituzionali di una dottrina o di un apparato, significa impedire che il suo flusso di vita arrivi alle persone. Possiamo quindi pregare per diventare sempre più uomini e donne del contatto e non dell’ingombro.


Salmo 29

Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato,
non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me.
Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi,
mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa.

Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
della sua santità celebrate il ricordo,
perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera ospite è il pianto
e al mattino la gioia.

Ascolta, Signore, abbi pietà di me,
Signore, vieni in mio aiuto!
Hai mutato il mio lamento in danza,
Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre.

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