giovedì 10 ottobre 2019

Le truppe di terra di Ankara avanzano mentre proseguono i raid aerei sul vicino nord Iraq. Decine di migliaia di sfollati dal nord della Siria. La Ue all'Onu: fermate i combattimenti

Sfollati siriani e curdi arrivano nella città di Tall Tamr, nella provincia siriana di Hasakeh (Afp/Lapresse)
Le truppe di terra della Turchia stanno continuando ad avanzare nel nord della Siria nell'ambito dell'“Operazione fonte di pace” contro le milizie curde Ypg, lanciata ieri. Sono già 7 i villaggi curdi di cui le forze armate turche hanno preso il controllo insieme alle milizie locali filo-Ankara. I villaggi si trovano nei pressi di Tal Abyad e Ras al Ayn, i primi due centri transfrontalieri attaccati. Secondo il ministero della Difesa turco, "vengono presi di mira solo rifugi, ripari, postazioni, armi, mezzi ed equipaggiamenti che appartengono a terroristi del Pkk/Pyd-Ypg e di Daesh", respingendo così le denunce delle Forze democratiche siriane a gSfollati siriani e curdi arrivano nella città di Tall Tamr, nella provincia siriana di Hasakeh (Afp/Lapresse)uida curda di aver colpito "civili", uccidendone almeno otto.
DOMANDE & RISPOSTE Come si può spiegare l'invasione turca in Siria di Marta Ottaviani
Proseguono anche i raid aerei, con cadenza ormai quotidiana, sul vicino nord Iraq. La Difesa di Ankara ha reso noto che nuovi bombardamenti hanno preso di mira obiettivi del Pkk curdo nelle montagne delle regioni di Zap e Gara, "neutralizzando" (cioè uccidendo, ferendo o catturando) almeno 3 "terroristi". Gli attacchi in nord Iraq mirano peraltro a contrastare eventuali soccorsi di militanti curdi verso la zona di conflitto in Siria.
Sfollati siriani e curdi arrivano nella città di Tall Tamr, nella provincia siriana di Hasakeh (Afp/Lapresse)
Intanto però decine di migliaia di civili sono in fuga dal Nord della Siria, secondo le informazioni dell'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati (Unhcr), che chiede alle parti di "aderire al diritto internazionale umanitario, incluso permettere l'accesso alle agenzie di aiuto". "Centinaia di migliaia di civili nel nord della Siria sono ora in pericolo. I civili e le infrastrutture civili non devono essere un obiettivo", ha affermato in una nota l'Alto commissario, Filippo Grandi. L'Unhcr sottolinea l'urgenza di avere un accesso umanitario senza ostacoli per poter raggiungere i nuovi sfollati e aiutarli ovunque ciò sia necessario. Le organizzazioni umanitarie devono essere in grado di continuare a svolgere il loro lavoro critico in Siria.
Civili in fuga da Ras al-Ain nella provincia siriana di Hasakeh (LaPresse)
Gli oltre 12 mila combattenti del Daesh, detenuti in campi del Rojava, tra cui 4 mila foreign fighter, "sono a rischio rilascio" a causa dell'offensiva turca. "Sono persone pericolose, non solo per i curdi ma per tutta l'umanità e noi non li rilasceremo mai ma non so fino a quando potremo controllarli", ha dichiarato in una conferenza stampa a Montecitorio, Dalbr Jomma Issa, comandante delle Forze democratiche curdo-siriane, Fds.

Anche i civili turchi ne fanno le spese: la città di Nusaybin, al confine con la provincia siriana di Qamishli, è stata colpita da una ventina di colpi di mortaio che hanno centrato delle abitazione. Al momento risulta che un civile ha perso la vita e altri 9 sono rimasti feriti e trasportati d'urgenza in ospedale. Almeno due civili, fra cui un neonato, sarebbero stati uccisi e 46 persone sono rimaste ferite anche nelle città turche di Akçakale e Ceylanpinar, alla frontiera con la Siria, per i colpi lanciati da una milizia curdo-siriana. Lo riferiscono le autorità locali, precisando che le vittime sono appunto un bimbo di otto mesi e un dipendente pubblico.Nella provincia siriana di Qamishli è stata colpita la chiesa di San Giorgio: secondo quanto comunicato dal vescovo Jacques Behnan Hindo, arcivescovo siro-cattolico emerito di Hassaké-Nisibi nella zona curda di Siria, ad Aiuto alla Chiesa che Soffre, due cristiani sarebbero stati uccisi ed altri feriti nell'attacco sferrato dalla Turchia.
Siriani in fuga dai bombardamenti dell'esercito turco a Ras al-Ayn (Ansa)
A meno di 24 ore dall'inizio dell'operazione, è scattata in Turchia anche la repressione interna contro i commenti ostili all'offensiva. La procura della capitale Ankara ha aperto stamani un'inchiesta per "propaganda terroristica" nei confronti dei co-leader del filo-curdo Hdp, terza forza nel Parlamento turco, i deputati Sezai Temelli e Pervin Buldan. Almeno altre 78 persone sono indagate per i loro post sui social media.
Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha minacciato di lasciar passare milioni di rifugiati verso l'Europa se continueranno le critiche contro l'offensiva. "Ehi Ue, sveglia. Ve lo ridico: se tentate di presentare la nostra operazione lì come un'invasione, apriremo le porte e vi invieremo 3,6 milioni di migranti", ha minacciato durante un intervento nel Parlamento ad Ankara.
Intanto si è appreso che i militari americani hanno preso in custodia Alexanda Kotey ed El Shafee Elsheikh, sul campo “Jihadi Ringo” e “Jihadi George”. I due britannici membri del Daesh erano nelle carceri controllate dai curdi nel nord-est della Siria, il territorio teatro dell'offensiva della Turchia. Secondo una fonte americana, c'è il piano di portare i due negli Stati Uniti per processarli ma nell'immediato potrebbero essere trasferiti in Iraq. È stato lo stesso presidente americano, Donald Trump, a rendere noto che gli Usa si sono presi in custodia "alcuni dei più pericolosi combattenti del Daesh". Si tratta di una quarantina di uomini, considerati tra i più efferati jihadisti che erano dispersi in varie carceri sotto il controllo dei curdi. Ma curdi hanno ritirato il personale da questi centri di detenzione per concentrarli sul fronte di guerra.
Alexanda Kotey e El Shafee Elsheikh erano due dei cosiddetti "Beatles", chiamati così per il loro accento: erano parte di una cellula del Daesh che ha brutalmente torturato e ucciso una ventina di ostaggi occidentali. Tra le loro vittime il giornalista americano James Foley, decapitato in un video propaganda nell'agosto del 2014, un altro giornalista statunitense, Steven Sotloff, il cooperante americano, Peter Kassig. Della cellula faceva parte anche Mohammed Emwazi, più noto come Jihadi John, che avrebbe decapitato Foley e che sarebbe stato ucciso in un attacco con i droni. Kotey è accusato dal dipartimento di Stato americano di aver realizzato esecuzioni del gruppo e "torture eccezionalmente crudeli" di giornalisti occidentali e operatori umanitari. Elsheikh si era invece guadagnato una reputazione per il waterboarding e le crocifissioni.

Le reazioni internazionali

L'offensiva scatenata dalla Turchia in Siria ha suscitato reazioni internazionali anche dure. Resta da capire se alle proteste verbali seguiranno fatti concreti, se non militari economici e politici. Diversi politici ed esperti parlano anche di un tentativo turco di portare avanti una pulizia etnica dei curdi in una parte dei territori. Una definizione, quella della pulizia etnica, che nello specifico richiama alla memoria la tragedia del popolo armeno.

Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. I cinque membri europei del Consiglio di sicurezza dell'Onu hanno chiesto alla Turchia di fermare la sua offensiva contro i curdi in Siria. "Siamo profondamente preoccupati dall'operazione militare turca nel Nord-Est della Siria", si legge in un comunicato congiunto di Francia, germania, Gran Bretagna, Belgio e Polonia. "Chiediamo alla Turchia di fermare l'azione militare
unilaterale".

Unione Europea. «Alla luce dell'operazione militare turca nella Siria nordorientale, l'Ue ribadisce che una soluzione sostenibile al conflitto siriano non può essere raggiunta militarmente. L'Ue invita la Turchia a cessare l'azione militare unilaterale». Lo dice l'alto rappresentante Ue per la politica estera Federica Mogherini secondo cui «l'azione unilaterale da parte della Turchia minaccia i progressi compiuti dalla coalizione globale per sconfiggere Daesh, di cui la Turchia è membro».
«L'azione militare comprometterà effettivamente la sicurezza dei partner locali della Coalizione e rischierà di protrarre l'instabilità nella Siria nord-orientale, fornendo terreno fertile per la rinascita del Daesh che rimane una minaccia significativa per la sicurezza regionale, internazionale ed europea», prosegue Mogherini.
Mogherini ribadisce che «l'Ue non fornirà assistenza per la stabilizzazione o lo sviluppo in settori in cui i diritti delle popolazioni locali sono ignorati». «Condividiamo l'obiettivo di porre fine alla violenza, sconfiggere il terrorismo e promuovere la stabilità in Siria e nella regione in generale. La Turchia è un partner chiave dell'Unione europea e un attore di fondamentale importanza nella crisi siriana e nella regione, e l'Unione europea elogia la Turchia per il suo importante ruolo di paese ospitante di rifugiati siriani. Le preoccupazioni di sicurezza della Turchia dovrebbero essere affrontate con mezzi politici e diplomatici, non con azioni militari, conformemente al diritto internazionale umanitario. L'Ue continua a esortare tutte le parti a garantire la protezione dei civili e un accesso umanitario senza ostacoli, sicuro e sostenibile in tutta la Siria», continua Mogherini.
«L'Unione Europea rimane impegnata per l'unità, la sovranità e l'integrità territoriale dello stato siriano - conclude Mogherini - Ciò può essere garantito solo attraverso un'autentica transizione politica in linea con la risoluzione 2254 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e il comunicato di Ginevra del 2012, negoziato dai partiti siriani nell'ambito del processo di Ginevra guidato dalle Nazioni Unite».

Italia. "Quel che sta accadendo in Siria, l'offensiva turca, la negazione dei diritti delle popolazioni locali e del popolo curdo, le morti di civili: tutto questo è inaccettabile e non possiamo voltarci dall'altra parte. Non può essere militare la soluzione alla crisi siriana". Lo ha scritto il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, in un post su Facebook. "Anzi - ha aggiunto -, la storia ci insegna che ogni risposta militare in passato ha sempre contribuito a destabilizzare ulteriormente la situazione sul terreno, aprendo spesso un vuoto colmato poi dall'insorgere di nuove organizzazioni terroristiche". L'ambasciatore turco è stato convocato alla Farnesina.
"L'Ue deve muoversi con una sola voce, non è accettabile questa iniziativa unilaterale, rischia di esser controproducente, di destabilizzare l'intero quadrante già compromesso. Non possiamo accettare che ci possa essere un ricatto tra l'accoglienza fornita dalla Turchia" ai rifugiati "meritevole ma con fondi europei, e l'offensiva" in Siria. Lo afferma il premier Giuseppe Conte ai microfoni del Tg3.

Conte fa riferimento alla minaccia di Ankara all'Unione Europea. La Turchia "manderà 3,6 milioni di rifugiati" in Europa se Bruxelles definirà come "una invasione" l'operazione militare lanciata ieri nella Siria nordorientale. Lo ha dichiarato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan intervenendo ad Ankara e minacciando di "aprire le porte" ai rifugiati siriani attualmente in Turchia.

Francia. La Turchia "metta fine il più rapidamente possibile" alla sua offensiva in Siria che "rischia di
aiutare Daesh (acronimo dell'Isis in lingua araba, ndr) a ricostruire il califfato" e la "responsabilità" di ciò cadrebbe su Ankara. Lo ha dichiarato il presidente francese, Emmanuel Macron, nel corso di una conferenza stampa a Lione. "Condanno con la massima fermezza l'offensiva militare unilaterale in Siria", ha aggiunto Macron. Parigi ha convocato questo pomeriggio l'ambasciatore turco in Francia.
E il ministro della Difesa francese, Florence Parly in un tweet afferma: "L'offensiva turca nel nord-est siriano è pericolosa, pericolosa per la sicurezza dei curdi. Pericolosa perché va a vantaggio di Daesh, contro il quale combattiamo da 5 anni".

Israele. "Israele condanna con forza l'invasione militare turca delle province curde in Siria e lancia un monito contro una pulizia etnica dei curdi da parte della Turchia e i suoi alleati. Israele farà ogni sforzo per fornire assistenza umanitaria al valoroso popolo curdo", si legge nel comunicato diffuso da Netanyahu. Il premier è intervenuto solo oggi, all'indomani dell'invasione, dato che ieri era la ricorrenza religiosa
ebraica di Yom Kippur.

Stati Uniti. L'invasione turca di aree siriane ha acceso un duro dibattito politico a Washington, che sta creando seri problemi a Trump, che si trova a fare i conti con un crescente fronte interno di critiche per la sua improvvisa decisione di ritirarsi dalla Siria. E le polemiche e le condanne si sono rafforzate da quando ieri la Turchia ha iniziato la sua offensiva nel nord della Siria contro i turchi "abbandonati" da Trump.
Tra le voci più critiche l'ormai fedelissimo senatore Lindsay Graham, che nel giro di 15 ore è passato dall'accusare i democratici di "distruggere" la Costituzione con l'impeachment a Trump, a condannare l'amministrazione Trump per aver "vergognosamente abbandonato" i curdi. "Una mossa che permetterà il riemergere dello Stato Islamico", ha aggiunto il repubblicano.
Da parte sua Trump cerca di recuperare terreno politico. In un tweet il presidente degli Stati Uniti scrive: "Seguo la situazione da vicino. E se non agirà secondo le regole la Turchia sarà colpita molto duramente finanziariamente e con delle sanzioni".

Russia. Mosca, amica di Ankara, aveva inutilmente provato a dissuadere dall'intervento armato in Siria il presidente turco Erdogan. La Russia ora spinge per colloqui tra il regime siriano e la Turchia: "Ora difenderemo la necessità di un dialogo tra Turchia e Siria", ha dichiarato il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, aggiungendo che la soluzione della questione nel passato è stata "complicata dalle azioni degli americani e della coalizione".

Libia. L'invasione turca si sta ripercuotendo anche sulla crisi libica. Il Parlamento libico di Tobruk ha chiesto alla Lega Araba di espellere il Governo di accordo nazionale (Gna) di Fayez al Sarraj - che attualmente rappresenta la Libia in seno all'organizzazione - perché alleato di Ankara. Il Parlamento dell'Est ha condannato "con la più grande fermezza il brutale attacco turco", chiedendo al Consiglio di Sicurezza dell'Onu di intervenire urgentemente per mettervi fine. Alla Lega Araba, che sabato terrà una riunione d'urgenza al Cairo, il Parlamento chiede che venga ritirato il riconoscimento del governo di Sarraj come rappresentante della Libia a causa "della sua illegittimità e del suo sostegno alle milizie estremiste sostenute dal regime di Erdogan che cerca di diffondere il terrorismo e l'estremismo in Libia e nella regione".