Vedo un ramo di mandorlo - Monastero del Bene Comune

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sabato 28 marzo 2020

Vedo un ramo di mandorlo

Vedo un ramo di mandorlo





Nessuno si avventura a dire cosa sarà dopo il Coronavirus, tranne Francesco, che parla di scenario da dopoguerra. Non per versare benzina sul fuoco della disperazione mondiale ma per invitare già da ora a trovare forze, coraggio ed energie per rimboccarci tutti le maniche quando sarà il momento. Perché ce ne sarà particolarmente bisogno all’uscita dal tunnel. Come il pane da masticare. E il pane dell’Eucarestia che sarà al centro della preghiera di questa sera. Perché in tempi di crisi é necessario tornare all’essenziale. Senza storie e fronzoli.
A chi sta in casa e a chi, nelle baraccopoli delle Afriche e del mondo, deve invece uscire per vivere, Francesco lancia un segnale fortissimo. Questa sera si presenta alle 18 sul sagrato della Basilica di San Pietro di fronte ad una piazza rigorosamente vuota. Ma dalle piazze digitali del mondo sempre più gente ha fame e sete di questi gesti, di Parola vera, di ritrovare il senso e la bussola del vivere. Per reintravedere la speranza nel caos.
Come il profeta Geremia che, nella burrasca dell’esilio del suo popolo, alla domanda di Dio “Che cosa vedi?” risponde “Vedo un ramo di mandorlo” (Ger 1,11). Non é un veggente Geremia. E’ uno che, nella passione, vede segni di resurrezione. Come la pianta del mandorlo, la prima ad anticipare la primavera. Perché, dopo l’inverno, torna sempre la primavera, come amava ripetere Lele Ramin, giovane missionario comboniano martire in Amazzonia. Ucciso per la causa della giustizia.
Il ramo di mandorlo di oggi di chiama cessate il fuoco!
Finalmente hanno risposto all’appello al deporre le armi, del segretario delle Nazioni Unite Antonio Guterres, gli eserciti e i ribelli in Filippine, Yemen, Camerun e Siria. Certo sono solo tregue, giusto per far fronte ell’emergenza Coronavirus e per non infierire ancora di più sulle popolazioni più vulnerabili e vittime delle violenze. Ma la primavera é solo agli unizi.
Arriva già l’urgenza di lanciare un nuovo Giubileo planetario. Nella Bibbia il Giubileo era il tempo propizio, ogni sette anni, per far riposare la terra, cancellare i debiti, liberare gli schiavi restaurando così l’ordine e l’armonia delle origini. Il Buen vivir latinoamericano, l’Ubuntu afro. Soffio che ridà fiato ai poveri (Es 23,10-11).
Ripartendo da questo Giubileo sostenuto da un grande movimento popolare mondiale è urgente ricostruire un nuovo modo di vivere. Con i popoli della terra verso la montagna della fraternità universale, dell’ecologia integrale e della giustizia globale. Come indica il profeta Isaia: sui sentieri della pace (Is 2,2-5).
Così Francesco di Roma, come fu per quello di Assisi, si presenta sulla scena mondiale come unico leader capace di reinnestare la speranza di un avvenire dentro la coscienza di un popolo che non ha più confini. Perché di fronte alla pan (di tutti) demia (popolo) non é certo il tempo delle frontiere ma dell’unità mondiale. Del resto non ci si inventa guide e profeti. E’ il percorso di tutta una vita. Ne sanno qualcosa Boris Jhonson, Donal Trump e le altre marionette mondiali al soldo della finanza globale. Che nel dramma navigano a vista.
Solo il profeta vede e indica una strada. Il ramo di un mandorlo. Solo il profeta, nella tempesta, può capire la risposta di Dio: “Hai visto bene, perché io vigilo sulla mia parola per realizzarla” (Ger 1,12).

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