Pensieri di Pasqua - Monastero del Bene Comune

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sabato 11 aprile 2020

Pensieri di Pasqua



Il via vai di messaggi che in questi giorni di “distanziamento sociale” affollano sui social, li immagino come tanti modi di tendere le braccia per incontrare gente. Forse, cari amici e amiche, vi annoio con i miei messaggi, ma credetemi, sento molto forte il desiderio di gettarvi le braccia al collo. Qui a Sezano, ci mancate, allora vi raggiungo con qualche pensiero.
Con tutto il cuore vi porgo le parole che Gesù rivolgeva ai suoi: Shalom, con voi sia la pace!
Se non fosse una parola logorata e, talvolta, usata a sproposito, si potrebbe dire che la pace, non è semplicemente assenza di conflitto, è la condizione perché ognuno realizzi la propria esistenza come un'opera d'arte, pur con le contraddizioni e il materiale spurio che si trova tra le mani: la riconciliazione dove il rancore alimenta l'aggressività, il perdono dove la colpa è opprimente, la parola amica nella solitudine, l'accoglienza nel rifiuto, il rispetto nella dignità offesa, la giustizia nell'ingiustizia, l'onestà nella corruzione... Non è un'opera d'arte? Potremmo continuare quasi all'infinito perché la complessità umana è esponenziale ma, in modo direttamente proporzionale, lo è anche il desiderio di pace.
Anche noi, discepoli e discepole di Gesù, non siamo esenti da contraddizioni e ambiguità. Lo riconosciamo con serenità, oserei dire serenità di cuore perché questa situazione di umanità ferita e bisognosa di guarigione, come appunto siamo tutti, è il terreno più fertile su cui cade il seme dell'annuncio che andare oltre è possibile. La forma verbale ebraica che sta all'origine della parola pasqua è proprio “saltellare, saltare oltre, andare oltre”. La Pasqua è dunque possibile.
Il Dio della Bibbia, di Israele, dei profeti e di Gesù non ha mai cessato di farsi compagno e guida nell'andare oltre. Il popolo conosce la sua vicinanza quando va oltre il Mare dei Giunchi, fuori dall'Egitto, ma conosce una vicinanza ancor più forte quando impara a far uscire l'Egitto dal suo cuore. Sempre oltre!
Questa piccola parola, che in questi tempi di Coronavirus ci sembra una meta irraggiungibile, è la cifra di ogni esistenza. Siamo venuti alla luce piangendo perché il nostro piccolo essere sentiva che stava andando oltre un mondo in cui era totalmente avvolto dalla tenerezza delle acque materne. Via via abbiamo compiuto molti passaggi andando oltre ogni differente fase di vita, camminando per strettoie abitate a volte dalla nostalgia per ciò che lasciavamo, altre volte dal desiderio di raggiungere ciò che ci era promesso. Di pasqua in pasqua, di gloria in gloria, di passaggio in passaggio, tra lacrime e sorrisi siamo giunti fino qui.
Sostiamo, riflettiamo, consideriamo bene l'esperienza. Forse possiamo riconoscere che la Bene-Volenza del Signore ci ha accompagnato e custodito la nostra vita in quella di Cristo Gesù anche quando non ne eravamo consapevoli. Non ci sono ragioni per rinchiuderci nella paura. Dentro ogni chiusura l'aria si fa pesante. Viene a mancare il respiro.
La pasqua ci annuncia che Lui assume sempre ogni nostra titubanza, ogni inadeguatezza, immaturità, colpa, timore del rischio. Entra nelle nostre paure, le attraversa e le scioglie.

Leggiamo, portiamo nel cuore, meditiamo, rileggiamo e ritorniamo sul brano di

Gv 20, 1-9
è il vangelo del giorno di Pasqua

1 Il primo giorno della settimana, Maria di Magdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2 Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!». 3 Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4 Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5 Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6 Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7 e il sudario - che era stato sul suo capo - non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8 Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9 Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

Il polo d'attrazione del brano è il sepolcro, con tutto l'immaginario di oscurità, di delusione e di fallimento che tale luogo può evocare.
Il primo giorno della settimana Maria Maddalena si recò di buon mattino al sepolcro quando era ancora buio...”. Con queste parole veniamo resi partecipi del passaggio dall'oscurità alla luce, dalla perplessità alla fede, dall'angoscia alla visione.
I personaggi esprimono differenti modalità di seguire Gesù della stessa comunità del vangelo: ognuno perviene gradualmente con i suoi tempi a discernere la presenza del Signore Gesù Vivente nella sua storia. Ciò che i discepoli e discepole vivono come comunità, cioè come Chiesa, è l'esito di un lasciarsi scuotere, da un ricercare i segni di vita che scaturiscono, invece, dai segni di vittoria della morte.
Maria, Pietro e il discepolo amato tutti corrono, si avverte quasi il fiatone. Una corrente d'ansia non consente l'immobilità.
È ancora buio, dice Giovanni, tuttavia non è una ragione per non cercare di capire, per non discernere, per non aprirsi all'inedito, oltre le deduzioni già elaborate. Eppure tutto è così evidente: la pietra è stata rimossa e il Signore è stato trafugato!
Inutile negarlo, questa è la dura realtà!
Quante volte le profetesse e i profeti di oggi che s'ispirano al vangelo vengono esortati al realismo.
“Il potere per il potere, il primato del denaro, la corruzione, la guerra, la prevaricazione dei forti e quant'altro sono sempre esistiti e sempre ci saranno” - si sentono redarguire dai maestri del realismo. Perfino nella Chiesa c'è chi si fa beffe di coloro che osano scenari altri, più corrispondenti alle esigenze del Regno.
Pietro e l'altro discepolo, avrebbero dovuto, secondo questo “sano realismo”, contenere l'agitazione di Maria; invitarla a sedersi, a riflettere, tanto, di fronte alla conclusione più radicale come quella del morire, che altro si può fare? Non è forse vero che ogni speranza di cambiamento è aspettata al varco dalla sua delusione? Infatti, quella morte sta lì a dimostrarlo inequivocabilmente!... Quando il buio si ritrarrà, una triste evidenza, ahimè, sarà messa in luce: la totale sconfitta di Gesù. Ha perduto su tutti i fronti, perfino nel sepolcro non viene lasciato in pace, è trafugato.
Impari la Chiesa, una volta per tutte, a rimanere al suo posto! Si occupi delle glorie del passato, elabori certezze dogmatiche assieme a qualche divieto, ripeta riti e gesti da non “turbare” il sonno delle coscienze!
Non sappiamo dove l'hanno posto”.
Maria parla al plurale perché è voce di tutta la Comunità del vangelo: “Non sappiamo”. E allora, invece di bloccarsi, qualcosa li spinge ad alzarsi per cercare i segni dell'azione di un Dio che risponde con la vita alle situazioni di morte.
Ognuno di loro col proprio ritmo si mette in cammino: uno è lento, forse perplesso o titubante, l'altro ha la velocità dell'intuizione, Maria ha la determinazione dell'amore, ma insieme s'accorgono che dal luogo dove è custodita la morte s'è sprigionata la vita.
Il discepolo amato intuisce che un furto non può lasciare le bende così ben piegate, né il sudario posto ordinatamente in disparte. “Vide e credette” - Vide e credette cosa? Nei segni di morte vede oltre, vede segni di vita e quindi credette. Si, vide e credette che questo paradosso è la via per discernere la presenza del Signore in mezzo ai suoi. Da allora il paradosso cristiano non ha smesso di suscitare quella serena inquietudine che apre le strade della ricerca.
Non avevano ancora compreso le Scritture, che egli cioè doveva risorgere dai morti”. Giovanni destina anche a noi quest'ultimo messaggio, affinché, nella frequentazione della Scrittura, possiamo discernere “i rovesciamenti” di un Dio che opera della salvezza nel segno contrario: laddove la morte ha il suo presidio egli apre brecce di vita, nella colpa accorda il perdono, nell'oppressione suscita liberazione, dove abbonda il peccato sovrabbonda la grazia, nell'omologazione la profezia. Davanti al Crocifisso i discepoli/e credono la risurrezione.

12 aprile 2020
p.Silvano

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