Meditazione XIII a
domenica A
Signore
Dio, accresci la tua misericordia su di noi, perché non ci scoraggi
la memoria delle nostre infedeltà: il tuo Spirito rivesta di bontà
la terra e faccia nuove tutte le cose. Sii benedetto nei secoli. Amen
2
Re 4, 8-11. 14-16 Ps. 88 Rm. 6, 3-4 Mt. 10, 37-42
Gesù
disse ai suoi apostoli:
«Chi
ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o
figlia più di me non è degno di me; chi non prende la propria croce
e non mi segue, non è degno di me.
Chi
avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà
perduto la propria vita per causa mia, la troverà.
Chi
accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha
mandato.
Chi
accoglie un profeta perché è un (lett.:
per il nome di)
profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto
perché
è
un (lett.:
per il nome di)
giusto, avrà la ricompensa del giusto.
Chi
avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di
questi piccoli perché è un (lett.:
per il nome di)
discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
Le
letture di questa domenica oggi sembrano uscire da un'agenzia
immobiliare.
Una
casa si trova a Sunem. Il padre, la madre, il figlio, la figlia, di
cui si parla nel vangelo, di solito, si trovano in una casa. Sono
quelli di casa. Anche l'accoglienza di un profeta, di un giusto o di
un discepolo avviene in una casa.
Le
dichiarazioni di Gesù, forse vogliono sollevare gli interrogativi:
Chi o cosa ci è familiare? Con chi o con cosa “siamo di casa”?
Cosa costituisce il nostro mondo, quali sono i nostri riferimenti?
Nella
casa di Sunem dove abitava una donna e un uomo senza figli, grazie
alla donna che accoglie Eliseo, il riferimento comincia ad essere la
Parola
profetica
di cui Eliseo è il portatore. Da quel momento, in una casa senza
speranza di futuro di vita risuona la speranza della vita: Il
prossimo anno avrai in braccio un figlio.
È la promessa che riceve anche Sara, la moglie di Abramo.
Sappiamo
che per la bibbia, una nascita in una situazione di sterilità, è
simbolo dell'annuncio che Dio porta avanti le cose laddove le logiche
umane non vedono via di uscita. Anzi, per la Parola di Dio, la vita è
veramente tale quando manifesta qualcosa di paradossale oltre
l'evidenza, lo scontato, il probabile. La casa di Sunem è una casa
dove si comincia a sognare, a progettare ciò che prima era
impensabile, improbabile, forse proibito. Questa è vita! “tra
un anno avrai un figlio in braccio”.
Pochi
versetti prima del brano evangelico che abbiamo letto, si dice che a
causa della testimonianza al vangelo, tra quelli di casa (ancora in
una casa) vi saranno divisione e contrasti: “...padre
contro figlio, figlio contro padre...”
ecc. Sono testi che riflettono la situazione della chiesa delle
origini, infatti, aderire al vangelo significava spesso entrare in
conflitto con i riferimenti abituali, anche affettivi.
È
per questo motivo che Gesù afferma: “Chi
ama il padre e la madre più di me non è degno di me
ecc.”. In questo caso amare più i genitori che Gesù non è
questione di quantità d'affetto. Il vangelo ci chiede di amare i
genitori, i figli, i fratelli... ci mancherebbe! Ma qui si tratta di
decidere le scelte di vita e di coscienza che ci appartengono e con
cui vogliamo avere famigliarità; in quale casa ha scelto di abitare
Francesco d'Assisi quando, abbandonando la cerchia dei maiores,
si
è traslocato tra i minores
a
Santa Maria degli Angeli?.
Quando cambi casa, cioè i riferimenti di valore, anche le stesse
relazioni familiari e affettive, assumono un'altra dimensione.
“Chi
avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, chi avrà perduto
la propria vita per causa mia, la troverà”.
Intendere questa dichiarazione in senso individuale come se
riguardasse solo la singola persona è senz'altro riduttivo. Anche la
Comunità dei discepoli e discepole di Gesù, la Chiesa può entrare
nella logica mondana di tenere
per sé. Con
molta parresia Gesù fa presente che in questa autoreferenzialità
risiede il principio della dissoluzione, anche per la Chiesa.
Tenere
per sé è sintomo di paura. E se impostiamo la vita e i riferimenti
con la paura di perdere, è lei, la paura a fare da padrona di casa.
La sua regola di vita è: tutto per me e niente per gli altri è la
regola di vita.
Gesù
dice: Quella regola ti avvelena, ti fa crepare. Quella non è vita, è
morte.
“Chi,
invece, avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà”.
Questa
dichiarazione segna lo spartiacque tra due abitazioni, tra due modi
di vivere:
quella
al di là è l'abitazione gestita dalla paura. Si crede di vivere ma
è un'agonia perché tutto è gestito dal timore di perdere e della
morte che davvero ci porta via tutto quanto abbiamo trattenuto;
quella
al di qua dello spartiacque è anch'essa una abitazione nella quale
non si trattiene
per sé ma
si accoglie.
“Chi
accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha
mandato. Chi accoglie un profeta... chi accoglie un giusto...Chi avrà
dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca...”.
Accogliere
significa far si che il mondo dell'altro faccia parte del mio. Noi
diventiamo ciò che accogliamo. Chi accoglie il profeta con il nome
del profeta – il giusto con il nome di giusto, il discepolo con il
nome di discepolo. Il nome è la realtà che abita e compenetra una
persona.
Perciò
in questa casa dove è familiare la profezia, la giustizia e il
discepolato si diventa
profeti:
si vede la realtà secondo la sapienza evangelica
giusti:
perché nel vangelo trova la strada giusta per realizzare la vita.
discepoli:
disponibili a un sempre nuovo percorso, fatto insieme, per seguire
Gesù.
L'esserci
in questa casa è già ricompensa. Nell'immagine dell'acqua fresca
(possiamo facilmente immaginare cosa può voler dire un bicchiere di
acqua fresca in un paese del Vicino Oriente) comprendiamo che in
questa casa, dove si accoglie profezia, giustizia e discepolato,
nonostante esclusione, perdite ed emarginazione di vario genere, si
sta bene perché vi abita la gioia del Regno di Dio.
dal
salmo 88
Canterò
in eterno l’amore del Signore,
di
generazione in generazione
farò
conoscere con la mia bocca la tua fedeltà,
perché
ho detto: «È un amore edificato per sempre;
nel
cielo rendi stabile la tua fedeltà».
Beato
il popolo che ti sa acclamare:
camminerà,
Signore, alla luce del tuo volto;
esulta
tutto il giorno nel tuo nome,
si
esalta nella tua giustizia.
Perché
tu sei lo splendore della sua forza
e
con il tuo favore innalzi la nostra fronte.
Perché
del Signore è il nostro scudo,
il
nostro re, del Santo d’Israele.
Ricordiamo
davanti a te, o Signore che
la
pandemia è fuori controllo in Bangladesh. Sono milioni i poveri a
rischio.
La Libia è nel caos.
Aumenta il rischio di una guerra per procura nel cuore del
Mediterraneo.
In Egitto è stata
sequestrata da agenti in borghese l’attivista Sanaa Seif mentre
stava denunciano il pestaggio subito domenica scorsa.
Da sabato 20 giugno sono in
protesta i migranti dell'associazione LasciateCIEntrare del centro
per il rimpatrio di Macomer in Sardegna.
Il piano di annessione a
Israele dei territori Palestinesi è un crimine contro il Diritto
internazionale.
Signore,
abbi cura di noi: Kyrie eleison...
Aiutaci a custodire la
speranza
La
figlia di Martin Luther King sottolinea la particolare sintonia tra
Papa Francesco e suo padre.
In
Ecuador sono stati consegnati e subito impiegati i respiratori
donati dal Papa.
L'Onu
dà il via libera a un’inchiesta sulle violazioni dei diritti
umani in Libia.
I
vescovi USA lanciano un messaggio alla polizia: "Se vuoi la
pace, lavora per la giustizia"
Per
la bontà che abita nel cuore umano e per coloro che si mettono a
disposizione del bene, a te la lode e la gloria, o Signore: Gloria
in excelsis Deo