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venerdì 2 ottobre 2020

Io ex paziente Covid, vi racconto come si può superare sofferenza e solitudine

Io ex paziente Covid, vi racconto come si può superare sofferenza e solitudine


In questo periodo di Covid la solitudine cosa ci ha risvegliato? Nella realtà di oggi la società sembra far di tutto per nascondere una battaglia infida e dolorosa che quasi tutti stiamo combattendo silenziosamente dentro di noi.
Con questa lettera a «La Stampa» desidero raccontare la mia esperienza di ex paziente Covid. Sono laureando in filosofia, invalido e come già detto mi sono ammalato di coronavirus. Proprio il Covid mi ha lasciato, nonostante la sofferenza provata, un grande regalo ovvero la voglia di reagire e di essere un piccolo faro, per quanto possibile, in questa tempesta d’indifferenza in particolare per quelle persone non in grado  di vedere la luce.
La riapertura dopo il lockdown e stata lenta e disordinata dal punto di vista sia etico morale che da quello della vita reale e pratica. Per questo motivo mi preme affrontare il tema della sofferenza affiancato a quello della solitudine. La sofferenza che tutti noi abbiamo sentito o meglio le emozioni di dolore che le circostanze ci hanno fatto emergere, hanno portato a diverse reazioni a seconda del proprio vissuto.

Ho notato che le persone ricoverate come me hanno dovuto affrontare una forte solitudine. Nel mio caso specifico ho vissuto il periodo di ricovero Covid con l’ausilio del personale sanitario presente ma non con quello di figure professionali specifiche come psicologi o religiosi, in grado sicuramente di accogliere il disagio. Purtroppo spesso la cronaca ha evidenziato traumi a infermieri e al personale sanitario impreparato a fronteggiare la nuova situazione.  Mi chiedo se sia eticamente ed umanamente corretto lasciare per un lungo periodo chiunque nell’oblio della paura e della sofferenza.
Le persone che hanno vissuto tutto questo dall’esterno e non da malati come hanno reagito? Abbiamo visto che alcuni non colpiti dal coronavirus stanno avendo atteggiamenti o di complete negazione o di euforia collettiva, atteggiamenti a mio avviso di compensazione o negazione di una possibile solitudine e sofferenza.
Come disse William Shakespeare «si soffre molto per il poco che ci manca e gustiamo poco il molto che abbiamo». L’esperienza di sofferenza provata sulla pelle mi ha dato la capacità a un certo punto di oltrepassarla cullandola e accettandola, solo così sono riuscito a trasformala nella luce dell’infinito. Noi siamo infinito nel finito. Come disse un piccolo uomo del secolo scorso: «Non aspettare che il temporale finisca ma imparare a ballare sotto la pioggia».

Paolo Ghiringhelli

https://www.lastampa.it/rubriche/la-voce-dei-lettori/2020/10/01/news/io-ex-paziente-covid-vi-racconto-come-si-puo-superare-sofferenza-e-solitudine-1.39371469


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