Meditazione II Domenica dopo Natale B - Monastero del Bene Comune

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domenica 3 gennaio 2021

Meditazione II Domenica dopo Natale B

 

Ricordiamo davanti a te, o Signore che

  • Balcani. Più di 900 migranti sono rimasti senza una sistemazione in difficili condizioni invernali, dopo la chiusura del centro di accoglienza di Lipa.

  • Agitu Gudeta, il custode della sua azienda confessa l’omicidio: l’ha colpita con un martello e violentata mentre era agonizzante.

  • I genitori di Giulio Regeni: “Denunciamo l’Italia per vendita di armi a Paesi che violano i diritti umani”. il 23 dicembre, è stata consegnata all’Egitto la prima delle due fregate Fremm vendute da Fincantieri al Cairo nei mesi scorsi.

  • I lavoratori Whirlpool Napoli ad aprile saranno licenziati. La multinazionale ha confermato che lascerà a casa i 330 operai.

  • Da oltre un anno circa 400 bambini della scuola primaria di Anguillara, 32 chilometri dalla Capitale, fanno scuola nei container.

Signore, abbi cura di noi: Kyrie eleison...

  • Nigeria: liberato vescovo rapito Monsignor Obinna. L’arcivescovo di Overri Antony Obinna, in un comunicato, ringrazia l’opera delle forze di polizia e Papa Francesco, che ieri all’Angelus ha lanciato un appello per la liberazione.

  • Danno fiducia al cuore le parole di Papa Francesco: sarà un buon anno se ci prenderemo cura del prossimo.

  • Open Arms. Venerdì 1gennaio 2021, soccorsi in mare 169 profughi: 6 sono bambini.

  • Pascal Affi N’Guessan è stato liberato in Costa D’Avorio, sotto controllo giudiziario,
    il leader politico e portavoce del cartello delle opposizioni detenuto dal 7 novembre scorso in una località.

Aiutaci a custodire la speranza


Per la bontà che abita nel cuore umano e per coloro che si mettono a disposizione del bene, a te la lode e la gloria, o Signore: Gloria in excelsis Deo.


O Dio, grande e buono,

tu sei l'eterno innamorato. Inesausta fantasia d'amore è la tua creazione. Patto d'amore sono le tue alleanze, dolcissimo banchetto di nozze la tua eucaristia. Ti chiediamo, o Padre buono, che la contentezza di essere tuoi amici riempia il cuore di tutti i discepoli e le discepole che oggi hai convocato intorno alla tua mensa. Amen


Gv. 1, 1-18

In principio era il Verbo, e il Verbo era rivolto verso Dio, e ciò che era Dio lo era anche il Verbo. Egli era in principio con Dio. Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla di ciò che esiste è stato fatto. Ciò che era in lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini. La luce spende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno sopraffatta.

: “In principio”. Così, l'incipit di questo carme è in parallelo con il racconto biblico della creazione secondo Gen 1, 1ss.: “in principio Dio creò...”.

Ma proprio in quel principio, in quel fondamento della vita, alla base di tutto insomma, non c'è una volontà cieca, un'energia eccedente che meccanicamente produce esseri. C'è la Parola, una volontà, una realtà divina che di per se stessa si dona, si comunica, si rivolge. La Parola, cioè il Verbo è “rivolto verso”. Il principio di tutto l'essere, ciò che sta a alla base di ogni essere, di tutti gli esseri, di tutto il vivente e del suo dispiegarsi nel cammino della storia è la prossimità. “Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla di ciò che esiste è stato fatto”. Tanto a dire: “tutto ciò che è prossimità, legame, relazione, comunione, tutto ciò è in Dio. Tutta la realtà umana e cosmica è abitata da questi legami divini”.

Ciò che era in lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini”. Nel suo essere “rivolto”, nel suo essere “prossimità”, intima relazione e legame, in una parola, nell'amorevolezza dell'Amore, sta il segreto della vita, non solo del cosmo, ma anche dell'umano.


Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Egli non era la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.

Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.

Egli era nel mondo e il mondo fu fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto.

Venne fra la sua gente, ma i suoi non lo hanno accolto. Ma a quanti lo hanno accolto, a quelli che credono nel suo nome, ha dato il potere di diventare figli di Dio; i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.

E il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi, la pienezza del dono che è la verità. Noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come dell'unico Figlio che viene dal Padre.


Avvertiamo come un continuo susseguirsi di onde che dall'oceano dell'eternità giungono sulla spiaggia della storia per rifluire là da dove provengono e ritornare nuovamente a consegnare messaggi che, da oltre il tempo, giungono a noi ed esigono una risposta, un'attenzione, un'accoglienza, una adesione.

Questa seconda parte del prologo, in due versetti, parla di luce quattro volte. La luce che illumina, a cui le tenebre non resistono, è colui che nel movimento d'onda dell'amorevolezza divina finalmente giunge laddove bramava arrivare: nella sua casa, tra i suoi di casa.

I documenti gnostici parlavano di una casa celeste a cui l'anima anelava. Il mondo celeste era luogo della luce. Si doveva uscire dalla caverna della materia per accedere alla luce della verità. Non nella storia, ma oltre, secondo gli gnostici, si approda alla realtà autentica. Per il quarto vangelo “la casa” verso cui il Verbo, la Parola, è proteso, non è un luogo celeste di esistenza ideale. Il Verbo si è calato in quella storia di cui fa parte anche il rifiuto, la resistenza alla luce, la tenebra, l'anticreazione, il non amore, il “rivolto su di sé” invece del rivolto all'altro, il mondo chiuso invece dell'essere prossimità, il dissolvimento invece del legame, l'autosufficienza invece della solidarietà. Questa è tenebra che rifiuta la luce. Eppure la Parola “dell'infinito sempre” vuole abitare questa casa!

Gv. nella sua prima lettera dice: “Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida” (1Gv 3, 14b-15). Rimanere nella morte, odiare, essere abitati dalle tenebre vuol dire intossicarsi di dinamismi distruttivi. Ogni volta che l'umano sceglie l'affermazione dell'ego, la guerra, la vendetta, lo sfruttamento, la prevaricazione sull'altro e sulla vita del pianeta, il possesso esclusivo dei beni destinati alla vita di tutti ecc., rifiuta la luce del Verbo perché si nega alla radicale prossimità con gli esseri e così entra nelle tenebre dell'anticreazione. Perciò non è possibile né realista pretendere di riequilibrare le situazioni, per quanto corrotte e distorte, ricorrendo ai meccanismi del male per vincerlo con una maggiore grandezza malefica.

Una simile posizione culturale e spirituale, presente anche oggi più di quanto non si possa immaginare, è rifiutare colui che vuole venire tra noi per sentirsi di casa con noi.

Ma a quanti l'hanno accolto... ha dato il potere di diventare figli”. Aderire a lui, in una parola: essere dalla parte e a favore dell'umano e del vivente, significa permettere a se stessi e alla creazione e alla storia di continuare il processo generativo fino alla pienezza. I figli, che non sono schiavi né meri esecutori di ordini, condividono i desideri del Padre. Come discepoli e discepole del Signore, o la nostra adesione alla Parola è generativa nuovi contesti, nuove qualità di relazioni, nuovi scenari di fiducia, o si riduce ad una monotona ripetitività anticamera della morte. Invece: “In lui era la vita”!

E il Verbo s'è fatto carne”. CARNE. Nella bibbia questa parola significa esistenza fragile, debole, precaria. Colui che s'incarna partecipa pienamente alla vulnerabilità dell'umano e del creato. “Venne ad abitare in mezzo a noi”. La forma verbale fa pensare all'abitazione come tenda: pose la sua tenda. La tenda non è un palazzo del potere, né il tempio di Gerusalemme. Richiama il cammino dell'esodo. Come a dire che l'incarnazione e ogni incarnazione diventano vie di liberazione se si calano dentro le fragilità e i controsensi della vita. Allora Giovanni afferma che a fondamento di tutto (in principio) non vi è la forza del potere, non l'istituzione, non la dottrina, non il denaro ecc. ma semplicemente l'amore di un Dio che è venuto ad umanizzarsi nella precarietà della tenda.

Entrare in quest'ordine di cose; in questa visione dell'esistenza e, soprattutto partecipare con la propria vita di discepoli a questo modo di essere del Verbo, è ricevere veramente da lui il dono della verità.


Giovanni gli dà questa testimonianza e proclama: “Ecco colui del quale ho detto: quello che verrà dopo di me è mio superiore, perché era prima di me”. Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto un dono al posto di un dono. Perché la legge fu data per mezzo di Mosè; il dono e la verità venne per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto; l'unico Figlio, che è rivolto verso il Padre, è lui che lo ha rivelato.


Ancora una volta è la testimonianza di una figura storica ad accompagnare l'onda della rivelazione nella storia: Giovanni Battista.

L'inizio dell'inno s'aprì con un chiaro riferimento a Genesi (In principio...) ora, che siamo alla conclusione, il riferimento è al libro dell'Esodo nel richiamo del dono della legge attraverso Mosè. Di dono in dono, il Verbo è la pienezza del dono. Egli è la perfezione dei doni, ed ha un nome: Gesù Cristo. Se la Parola è Gesù Cristo, questi non è l'incarnazione di un concetto, ma una vicenda concreta che nella stessa rivelazione di Dio è promessa di bene per tutta l'umanità e per il cosmo. I cristiani delle chiese giovannee che pregavano con questo inno erano ben consapevoli che il mistero di Gesù e la loro adesione di fede non erano il risultato di alcune congiunture casuali. Si comprendevano invece alla luce di un'amorevolezza di Dio preveniente, inesauribile, traboccante. Ebbene, questa promessa si fa presente. È tipico dell'amore farsi presente. Potremmo dire che il prologo è un inno al sempre veniente, al farsi presente di Dio. L'inno chiude l'inclusione col cantus firmus intonato all'inizio: Il Verbo rivolto verso Dio, al principio, ora, altri non è che il Figlio rivolto verso il Padre. La pienezza di Dio si manifesta e si lascia incontrare nel frammento: Gesù di Nazareth.


Salmo 147

Celebra il Signore, Gerusalemme,
loda il tuo Dio, Sion,
perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,
in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli.

Egli mette pace nei tuoi confini
e ti sazia con fiore di frumento.
Manda sulla terra il suo messaggio:
la sua parola corre veloce.

Annuncia a Giacobbe la sua parola,
i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele.
Così non ha fatto con nessun’altra nazione,
non ha fatto conoscere loro i suoi giudizi.


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