Breve nota sulla democrazia partecipata/deliberativa - Monastero del Bene Comune

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lunedì 1 agosto 2011

Breve nota sulla democrazia partecipata/deliberativa

Le forme possibili di partecipazione dei cittadini al governo dell'acqua di Riccardo Petrella (Università del Bene Comune e Institut Européen de Recherche sur la Politique de l’Eau)
Cosa si intende per « partecipazione dei cittadini » alla « res publica » ?
Negli ultimi ventanni, i limiti evidenti della democrazia rappresentativa (il popolo esercita il potere decisionale attraverso dei rappresentati eletti – istituzioni parlamentari – e/o cooptati – istituzioni governative, salvo repubbliche presidenziali), e delle forme attuali di democrazia diretta (il popolo esercita il potere senza intermediari : caso dei referendum deliberativi in Svizzera, dei referendum abrogativi in Italia…), hanno contribuito a far nascere una forte pressione in favore di forme di democrazia partecipata (partecipativa), miranti a promuovere una reale e significativa partecipazione dei cittadini ai processi decisionali e di governo della «res publica ».
Cosi sono nati concetti e strumenti quali comitati di cittadini, bilanci partecipativi, forum partecipativi, laboratori di quartiere, piani strategici delle città, interventi partecipati, giurie di cittadini, progettazione partecipata.
Secondo le pratiche prevalenti, l’implicazione dei cittadini alla gestione della « res publica », nel nostro caso alla gestione del servizio idrico integrato e, più in generale, alla politica dell’acqua, si articola attraverso tre grandi « livelli » di forme e modalità. Si passa dal livello della semplice informazione e consultazione dei cittadini a quello della partecipazione alle decisioni e della gestione diretta di certe funzioni.

Tab. 1 Tipologia dei livelli , forme e modalità di « partecipazione »  dei cittadini
A. Livello basso di «partecipazione »  (che di fatto si apparenta piuttosto alla categoria di formazione e manipolazione dell’opinione dei cittadini)
1.Informazione: i cittadini ricevono ed hanno accesso all’informazione.
   Modalità: depliants, brochures, posta, comunicati stampa, conferenze stampa, centri di informazione, esibizioni, meetings,   internet, eventi culturali…
2. Consultazione: i poteri pubblici «sondano » le opinioni dei cittadini.
   Modalità : questionari con risposta, commenti scritti, audizioni pubbliche non vincolanti, interviste, sondaggi di opinione discussioni via internet, commissioni consultive, gruppi tematici, referendums non vincolanti
B. Livello medio/alto
3. Discussione/dialogo: i poteri pubbllici interagiscono con i cittadini.
    Modalità:- negoziazioni, rappresentanti dei cittadini in enti governativi/pubblici, referendums correttivi, assisi nazionali o locali.
4. Definizione dei principi e delle priorità: i cittadini prendono parte nella definizione delle politiche o dei progetti.
    Modalità: proposte di legge d’iniziativa popolare, assisi/stati generali deliberativi.
C. Livello alto
5. Partecipazione alle decisioni: i cittadini condividono i poteri decisionali con le autorità pubbliche.
    Modalità: audits vincolanti, bilanci partecipativi, referendum abrogativi.
6. Partecipazione ai processi di verifica, di controllo e di valutazione
    Modalità: giuria/tribunale dei cittadini, gruppi di valutazione in seno alle istituzioni parlamentari ed esecutive, autorità urbane di cittadini…..
7. Responsabilità diretta di certe funzioni di governo/gestione:i cittadini esercitano funzioni di governo/gestione in modo autonomo.
    Modalità: comitati di quartiere, organismi della società civile cui i poteri pubblici delegano funzioni di gestione, organismi di gestione e/o finanziari spontanei di cittadini, imprese sociali….
8. Partecipazione ai processi di costruzione « prospettiva »/utopica
   Modalità: gruppi di cittadini responsabili della costruzione ed animazione di scenari, conference di consenso.


Fonte : nostra riformulazione a partire dai lavori citati in bibliografia.


La « partecipazione dei cittadini ». Osservazioni generali
Come si vede, gli strumenti per realizzare una democrazia partecipata (o partecipativa) sono numerosi e svariati, il che é coerente con la vera natura delle pratiche partecipative caratterizzate da un alto livello di variabilità e flessibilità (a seconda dei campi d’intervento, dei livelli territoriali, delle diversità culturali tra paesi, dei tempi decisionali …).
Oggi, grazie anche all’informatica e a Internet se ben utilizzati, l’informazione puo’ trasformarsi in un potente processo di effettiva partecipazione. Una buona informazione dei cittadini da parte delle amministrazioni – e viceversa - diventa vitale per una reale partecipazione. Il che spiega l’importanza dei processi di trasparenza. Anche le azioni preventive, che sono spesso molto più determinanti ed essenziali delle forme d’intervento curativo, dipendono dalla qualità e dall’accessibilità dell’informazione « che conta ». Lo stesso dicasi per le capacità di cooperazione e di condivisione tra gruppi, collettività territoriali e Stati.
Un aspetto importante da sottolineare é il legame particolare della democrazia partecipata con le attività normative, gestionali e di controllo degli enti territoriali « locali » ed in particolare i comuni, le città. Questi livelli territoriali rappresentano gli ambiti privilegiati in cui le pratiche partecipative trovano un terreno fertile per svilupparsi. Quanto detto, non sminuisce la portata delle pratiche partecipative a livello regionale e nazionale (per non parlare di quello europeo e internazionale/ mondiale). Ma, come ben dimostra il governo dei beni comuni/servizi pubblici di natura locale, é a livello « locale » che la forza ed il valore effettivo della democrazia partecipata si misurano in maniera più tangibile e diventano parte integrante del « vivere insieme » quotidiano. Se la democrazia non é partecipativa a livello locale, com’é possibile immaginare che essa possa esserlo a livello di una regione come la Sicilia o la Lombardia e di un paese come l’Italia ?
Da qui l’importanza e la responsabilità degli enti locali (ed il ruolo incitatore e di sostegno da parte delle Regioni) di difendere e promuovere la loro autonomia e di decidere in maniera convinta dei modi, strumenti, e tempi con cui realizzare le pratiche partecipative in un continuo processo innovativo (una funzione che dovrebbe caratterizzare le Regioni).
Di grande criticità é al riguardo il sistema di finanziamento del vivere insieme, in particolare il ruolo affidato alla finanza pubblica. Più i bisogni collettivi fondamentali sono finanziati attraverso meccanismi ed istituzioni di natura privata, meno la democrazia partecipativa é realizzabile e realizzata.
Infine é da sottolineare il fatto che, nei nostri paesi, la democrazia partecipata non é concepita né promossa come una forma distinta od addirittura alternativa alla democrazia rappresentativa. La quasi totalità delle forme menzionate – si pensi per esempio alla proposta di legge di iniziativa popolare , uno strumento specifico all’Italia - non sono sostitutive dei poteri delle istituzioni rappresentative. Il potere decisionale resta nelle mani di quest’ultime. I parlamenti nazionali o regionali o comunali hanno l’ultima parola. Una legge di iniziativa popolare deve costituzionalmente passare attraverso l’esame e le decisioni del parlamento. Cosi come é il consiglio comunale che, in finale, ha il potere di decisione sul bilancio (salvo stabilito altrimenti). Nella visione oggi prevalente della democrazia partecipativa, la regola é quella di non attribuire alle pratiche partecipative il potere di « espropriare » le istanze rappresentative del loro potere di decisione, che resta loro prerogativa.


La partecipazione dei cittadini nel settore dell’acqua
Le iniziative in favore della partecipazione dei cittadini sono state le più numerose, importanti , ed in alcuni casi risolutive, soprattutto in relazione ai problemi di pianificazione e d’intervento urbani (le città/ i quartieri ; congestione urbana, inquinamento, deindustrializzazione, immigrazioni …), specie a partire dagli anni ’80 allorché la crisi urbana si é accentuata nel contesto della crisi ecologica ed economica generale e della crisi delle istituzioni politiche e della democrazia rappresentativa.
Alcune città figurano fra « i luoghi pionieri ». Vancouver (in Canada), Porto Alegre e Curitiba (in Brasile), Zurigo (in Svizzera), diverse città scandinave (Aarhus, Aaalborg, ¨Malmö…) . In Italia si parla di « comuni virtuosi ».
Molto nota é l’esperienza di Porto Alegre sul bilancio partecipativo. Il caso della municipalità di Vancouver é assai interessante. A partire dal 1992 (anno del primo grande vertice mondiale su ambiente e sviluppo e dell’Agenda Locale 21) la città di Vancouver ha messo in moto un lungo e articolato processo di coinvolgimento della popolazione sulle scelte di sviluppo del proprio territorio. Il City Plan – Directions for Vancouver (1995) da cui è stato elaborato un importante documento strategico di pianificazione per tutta la città, con un orizzonte temporale di trent’anni, costituisce un quadro di riferimento per l’integrazione di programmi, priorità e azioni susseguenti, in tutti i settori di sviluppo della comunità. Più di 20.000 abitanti hanno partecipato, durante un triennio, all’elaborazione di una « visione », attraverso la costituzione di ristretti gruppi di discussione (city circles), incontri pubblici di condivisione dei risultati e definizione di documenti preparatori. Oltre al processo generale di partecipazione, risultano di particolare interesse le iniziative attivate, a partire dal 1996, al fine di portare gli obiettivi strategici complessivi ad un livello di definizione a scala di quartiere. Sono infatti stati lanciati due progetti pilota denominati Community Vision Program.
Da qui l’importanza, a mio avviso, della funzione prospettiva/utopica che ho proposto di considerare come l’ultima ma non per questo meno importante forma di partecipazione dei cittadini.
La problematica dell’acqua é entrata nell’agenda della partecipazione dei cittadini attraverso i problemi ambientali, in particolare attraverso le Agende locali 21. Si contano sulle mani delle dita le città europee dove , fino a pochi anni orsono, si potevano menzionare esperienze di pratiche partecipative in materia di politica e di gestione complessiva dei servizi idrici e dell’acqua. E’ nell’ambito dei progammi e delle politiche diventate di moda sulla « città sostenibile » che anche l’acqua é stata il terreno di esperienze partecipative.
Il caso (2005) della proposta di legge regionale toscana sull’acqua d’iniziativa popolare seguito poi (2007) dalla proposta di legge nazionale sull’acqua sempre di iniziativa popolare costituiscono un esempio unico, in Europa, di forme spontanee di partecipazione dei cittadini alla definizione delle politiche dell’acqua al di là delle sole tematiche ambientali relative alla gestione di una risorsa naturale. Le due iniziative portano invece sulle grandi scelte prettamente politiche ed economiche sulla democrazia in materia di un bene essenziale ed insostituibile per la vita ed il vivere insieme come l’acqua.
Lo stesso dicasi, per esempio, dell’iniziativa Dem Eau promossa dall’Agglomerazione di Nantes Metropole in Francia (forma di giuria cittadina sulle scelte operate dalla città) e, più recentemente, della decisione della Regione di Bruxelles Capitale di sostenere, anche finanziariamente, la convocazione degli Stati Generali dell’Acqua a Bruxelles (EGEB), i cui lavori (in corso) avranno una durata di otto mesi. Gli EGEB sono il primo tentativo articolato, voluto congiuntamente dai poteri pubblici e dai cittadini, di testare le modalità le più adeguate per far partecipare i cittadini alla discussione dell’elaborazione (ma non dell’approvazione) del piano quinquennale dell’acqua della Regione di Bruxelles Capitale.


Qualche osservazione sulla situazione in Italia
Come emerge dalla tabella 1, i livelli più alti di partecipazione dei cittadini nel campo dell’acqua sono realizzati dalle forme 1-3, e cioé:


1. Partecipazione alle decisioni (audits vincolanti, bilanci partecipativi, referendums abrogativi….)
2. Partecipazione ai processi di verifica, di controllo e di valutazione (giuria/tribunale dei cittadini, gruppi di valutazione in seno alle istituzioni parlamentari ed esecutive, autorità urbane di cittadini….. )
3. Responsabilità diretta di certe funzioni di governo/gestione, comitati di quartiere, organismi della società civile cui i poteri pubblici delegano funzioni di gestione, organismi di gestione e/o finanziari spontanei di cittadini, imprese sociali….
4. Partecipazione ai processi di costruzione « prospettiva »/utopica. Questa forma é la meno sperimentata attualmente , benché sul piano sociale culturale sia una delle forme più innovative.


In Italia, la cultura della partecipazione ai processi di verifica, di controllo e di valutazione é poco diffusa specie nel campo dell’acqua. Le pratiche di valutazione ex ante sono considerate negli ambienti politici come un freno e quelle ex post come quasi inutili. Nessuna traccia di esperienze di valutazione nel corso dell’esecuzione ( per esempio, dei piani idrici). E’ praticamente impossibile farla, considerato anche che la grande maggioranza degli ATO non fornisce né ai cittadini né al Consiglio Nazionale di Vigilanza surlle Risorse Idriche alcun dato sugli investimenti realizzati rispetto agli investimenti previsti.
Altrettanto inesistenti sono le pratiche partecipative di responsabilità diretta di certe funzioni di gestione/governo assunta da parte dei cittadini. Un esempio interessante sarebbe quello della gestione delle acque piovane. In nessuna città italiana, a mia conoscenza, detta gestione é realizzata – nel caso lo sia - da gruppi di cittadini per condomini, zone di quartiere ; quartieri specifici….Lo stesso dicasi per la protezione delle zone di captaggio delle acque di superfice e da falda ….

A mo’ di conclusione provvisoria, due proposte :
a) da quanto precede, pare opportuno che in Italia gli sforzi innovativi si orientino in priorità nella direzione dello sviluppo delle modalità relative alla forme 2 e 3 (e 4).
b) a tal fine, un primo passo urgente da compiere nel Veneto, nei prossimi tre-quattro mesi, sarebbe quello di procedere ad un inventario delle forme di partecipazione praticate nella regione. Una prima bozza dell’inventario potrebbe essere prodotta nel corso di un seminario di lavoro al quale i partecipanti verrebbeo con delle informazioni raccolte in precedenza.  






Bibliografia
- Arnstein S., A ladder of citizen participation in the USA– Journal of the American Institute of Planners, 1969
- R. Roberts, Public involvement: from consultation to participation, John Wiley & Sons Ltd., 1995
- Erik Mostert, The challenge of public participation, Water Policy, november 2002
- Agenda locale 21 (1992-3) sullo sviluppo e l’ambiente,
- Carta di Aalborg - UE (1994) sulle città sostenibili europee,
- Convenzione di Aarhus-UNECE (1998 e 2004) sui diritti dei cittadini all’informazione ed alla partecipazione
- Raccomandazione del Comitato dei Ministri agli Stati Membri sulla partecipazione dei cittadini alla vita pubblica a livello locale, adottata dalla Commissione Permanente del Consiglio d’Europa (2001)
- Carta di Leipzig - UE (2007) sull’agenda territoriale europea.

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