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mercoledƬ 22 aprile 2020

Bare Nostrum, quel legame tra le vittime del coronavirus e i morti in mare

Bare Nostrum, quel legame tra le vittime del coronavirus e i morti in mare


22 Aprile 2020

Leggo sempre piĆ¹ interventi, anche autorevoli, nei quali la conta dei morti risulta automatica, a volte rimossa. In un Paese che ha la lacrima facile gli oltre ventimila decessi del virus scivolano via senza troppo clamore, un po’ per non aggiungere dolore alla depressione, un po’ perchĆ© siamo presi - molto - dalla nostra condizione, dalla precarietĆ  e dagli impedimenti che ci vengono imposti.
Quando perĆ² parla la gente di Brescia, Bergamo, Cremona, della stessa Torino, si sente dire che nel resto d’Italia non si capisce l’entitĆ  del lutto che li sta travolgendo, ed ĆØ vero, perchĆ© un conto ĆØ starsene in balcone a rammaricarsi della propria mutilazione civile (e delle incertezze economiche annesse), un altro ĆØ piangere a distanza di sicurezza una trentina di vittime tra familiari e stretti conoscenti, come ancora oggi accade in certe zone.
Questo mancato riconoscimento richiama quello che patiscono i profughi dei barconi, inghiottiti a migliaia dal mare. Gli uni costretti a fuggire, gli altri costretti a restare. Molti dei cittadini stroncati dal virus saranno stati elettori leghisti. Nessuna  nemesi compiaciuta, piuttosto l’allarme del Salvini che ĆØ in noi, di chi non ha stima alcuna del Capitano ma che fatica a riconoscere l’entitĆ  di quel dolore e tende a perdersi in questioni piĆ¹ attinenti al proprio vissuto, alle proprie problematiche.
Il ragionamento non preclude alcuna notazione critica a chi ci governa, a come si comportano altrove, ai sistemi economici che ci sovrastano, anche perchĆ© queste poche righe sono esse stesse un esercizio di critica. Personalmente continuo a pensare che l’insegnamento piĆ¹ importante di questa vicenda derivi dal guardare in faccia ciascuno di quei morti, entrando nel dolore loro e dei rispettivi familiari, da parte di chi professa empatia per i piĆ¹ deboli e da chi, invece, ne ĆØ meno incline, ma vede comunque la propria gente soffrire. Non per commiserazione, ma per mutare realmente paradigma, senza delegare ad altri il cambiamento delle cose. Per fare questo perĆ² occorre fatica e coraggio. E temo non se ne farĆ  nulla.
Leonardo MalĆ 

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