Meditazioni
sulla Santa Cena
Cari amici e amiche,
quest'anno il triduo è
insolito, lo sappiamo bene. Le meditazioni che accompagnano i
testi biblici della Santa Cena nel Giovedì Santo. Si può
celebrare anche in casa e fare memoria della consegna del Signore.
Pur non essendo la stessa cosa come la celebrazione degli altri anni,
non è detto che la preghiera sia meno intensa e significativa.
Se posso permettermi un
consiglio, nelle vostre case, raccoglietevi attorno al tavolo e
accendete un cero vicino alla Bibbia.
Potete leggere con calma
questi testi che presento alternando il commento al testo biblico in
grassetto. Di tanto in tanto, prendetevi una sosta per condividere
delle preghiere o del silenzio di preghiera.
Accanto alla Bibbia aperta,
suggerirei di non far mancare del pane e del vino. Dopo l'ascolto e
la preghiera, il più giovane o chi per lui può spezzare il pane e
distribuirlo assieme al vino. Infine, colui che ha spezzato il pane
benedica tutti con un segno di croce sulla fronte.
p. Silvano
Esodo
12, 1-8.11-14
Meditazione
(M):
Sotto un manto stellato, seduti attorno al fuoco, le fiamme
riempivano gli occhi danzando nei ricordi delle parole, parole che
venivano da lontano. I fanciulli schiamazzavano dentro e fuori, le
donne invece erano tutte prese nei preparativi: tra poco si mangerà
insieme. Intanto, quelli attorno al fuoco, cercavano di mettere
insieme le parole e i ricordi dei vecchi, parole e ricordi che
persino i vecchi a loro volta avevano ricevuto da Mosè. È lui che
un tempo spiegò il come e il perché di quella cena che tra poco
avrebbero consumato insieme.
Testo(T):
«Questo
mese sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese
dell’anno. Parlate a tutta la comunità d’Israele e dite: “Il
dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un
agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per un agnello,
si unirà al vicino, il più prossimo alla sua casa, secondo il
numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l’agnello
secondo quanto ciascuno può mangiarne.
M: In realtà, non era la prima volta che, proprio in questa
stagione, la stagione di primavera, sentivano quei discorsi. Forse lo
stesso Mosè li aveva ascoltati da altri, soprattutto quando, nel
periodo della latitanza, faceva il pastore del gregge di Ietro, suo
suocero. Lì, con altri del mestiere, discutendo di problemi di
pastorizia, era venuto a conoscenza di un rito particolare per
ringraziare e propiziarsi le divinità prima di dare inizio alla
transumanza di primavera. Dal momento che le piogge di stagione
regalavano pascoli verdeggianti, per quei pecorai ogni primavera era
un nuovo inizio, un sempre nuovo inizio, o meglio, un passaggio, che
gli antichi chiamavano - pasqua, il passaggio dalle aride steppe del
deserto alle vallate lussureggianti. Il rito, grosso modo, avveniva
in questo modo:
T:
Il
vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell’anno; potrete
sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo conserverete fino al
quattordici di questo mese: allora tutta l’assemblea della comunità
d’Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po’ del suo sangue,
lo porranno sui due stipiti e sull’architrave delle case nelle
quali lo mangeranno.
M: Quando, molto tempo dopo, Mosè si trovò alla guida di un popolo
che compì sì un passaggio, un andare oltre, una pasqua, ma non
verso pascoli verdeggianti, bensì verso la libertà, egli suggerì
ai suoi lo stesso rito affinché in ogni generazione ricordassero che
loro sarebbero stati per sempre, in ogni tempo un popolo sempre
pronto a compiere mille e mille passaggi verso la libertà e il
servizio. In quel rito, il popolo di Mosè, che poi è anche il
popolo di Gesù, ha perpetuato la memoria che ogni terra di libertà,
di giustizia, di dignità e di amore per l'umanità e per la
creazione è come un pascolo verdeggiante, una vallata gravida di
buone promesse.
T:
“In
quella notte io passerò per la terra d’Egitto ... farò giustizia.
Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa
del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete come un
rito perenne”... In quella notte ne mangeranno la carne arrostita
al fuoco; la mangeranno con azzimi e con erbe amare. Ecco in qual
modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il
bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la Pasqua del Signore!
M:
Ma l'efficacia sta nell'essere insieme. Insieme si cresce nella
libertà, nella bontà, nel servizio alla giustizia: mai da soli, mai
senza gli altri, mai contro gli altri.
T:
“Questo
mese sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese
dell’anno. Parlate a tutta la comunità d’Israele ... Se la
famiglia fosse troppo piccola per un agnello, si unirà al vicino, il
più prossimo alla sua casa, secondo il numero delle persone...
allora tutta l’assemblea della comunità d’Israele lo immolerà
al tramonto.”
M:
Perciò sentiamoci anche noi comunità del Signore. Uniamoci come
famiglia raccolta
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen
(suggerisco un breve
spazio di preghiera silenziosa e poi pregare assieme col salmo 116)
SALMO 116
Che cosa renderò al
Signore,
per tutti i benefici che mi ha fatto?
Alzerò il
calice della salvezza
e invocherò il nome del Signore.
Agli
occhi del Signore è preziosa
la morte dei suoi fedeli.
Io sono
tuo servo, figlio della tua schiava:
tu hai spezzato le mie
catene.
A te offrirò un sacrificio di ringraziamento
e
invocherò il nome del Signore.
Adempirò i miei voti al
Signore
davanti a tutto il suo popolo.
1
Corinzi
11, 23-29
M:
Paolo si trova ad Efeso e qui viene raggiunto da uno scritto da parte
di qualche membro della comunità di Corinto per chiedere dei
chiarimenti riguardo alcune situazioni.
Nella comunità vi sono
disuguaglianze che emergono con evidenza soprattutto nel momento
della Santa Cena, disuguaglianze tali per cui vi è “uno che ha
fame, l’altro ubriaco”. Si sta parlando della Cena del Signore,
non di qualsiasi altro pasto. La Santa Cena coinvolge il credente
fino ad assumere in se stesso il criterio e lo stile che hanno
sostenuto il Signore a donarsi fino in fondo.
Ora, compiere i suoi gesti
(il memoriale della Santa Cena) è molto rischioso perché o si
accetta di partecipare a ciò che ha mosso Gesù a donarsi nella
fraternità e nella comunione o si entra in un circuito di non verità
che inganna noi e banalizza ciò che il Signore ci ha consegnato. Non
si può spezzare il pane della fraternità e mantenere le
diseguaglianze.
T:
Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho
trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese
del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: “Questo è
il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me”. Allo
stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo:
“Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo,
ogni volta che ne bevete, in memoria di me”.
M:
Quando Paolo si introduce con questa formula: “ho ricevuto dal
Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso”, intende suscitare
nell’ascoltatore la massima attenzione. È un’espressione quasi
tecnica per far comprendere che quanto va affermando attiene al
deposito stesso della fede, non un pensiero che dipende semplicemente
dal suo punto di vista.
Ecco allora chiarito per i
credenti di Corinto che fare la Santa Cena significa mettersi in
collegamento diretto col Cristo (in memoria di me!) che, attraverso
il pane, s’è consegnato e donato per amore senza alcuna riserva.
Come dunque è possibile mettere d’accordo questa Cena con
l’ingiustizia delle diseguaglianze?
Cosa accade quando si accetta
di mangiare e bere il corpo ed il sangue del Signore, ossia, quando
si alimenta la nostra vita col mistero stesso che impresse un preciso
orientamento alla vicenda di Gesù?
T:
Ogni
volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice,
voi
annunziate la morte del Signore finché egli venga.
M:
Assimilare
la gestualità di Gesù Cristo attraverso il mangiare ed il bere
nella Santa Cena, significa anticipare ciò che accadrà: il
presente sarà superato nel compimento della condivisione della vita
e del pane. Ecco perché è inconcepibile che i suoi discepoli
adottino nelle loro relazioni i criteri mondani della cultura dello
scarto.
T:
Ciascuno,
pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di
questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo
del Signore, mangia e beve la propria condanna.
M:
Mangiare in modo indegno significa entrare in questa gestualità
senza la disponibilità a lasciarsene coinvolgere. Infine, si tratta
di una gestualità che implica riconoscere il Cristo nelle persone
che compongono la comunità. Escludere alcuni fratelli e sorelle,
magari in ragione del censo, equivale a non riconoscere, il mistero
di Cristo nel suo vero Corpo che è la Comunità.
Dal
Vangelo secondo Giovanni 13, 1-15
T:
Prima
della festa di Pasqua Gesù, sapendo (essendo cosciente) che era
giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver
amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine (dimostrò
il suo amore fino all’estremo).
Mentre
cenavano, quando già il diavolo aveva messo in cuore a Giuda
Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo, Gesù sapendo (essendo
cosciente) che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era
venuto da Dio e a Dio ritornava.
M:
È
il momento del saluto. L'evangelista Giovanni sente necessario
precisare il clima profondo che avvolge i gesti e le parole di Gesù:
“… Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo li amò sino alla
fine”, Tanto a dire: dimostrò il suo amore fino all’estremo.
Tutti i discepoli e le discepole sono avvolti da questo amore
inesauribile. Solo poche sottolineature, tuttavia sufficienti donarci
uno sguardo fiducioso. Il momento è solenne, Gesù sa (è
cosciente) di passare da questo mondo al Padre e sa pure che lo
attende un destino di tradimento e di morte. Ci si attenderebbe
perciò una serie di dichiarazioni altrettanto solenni. Invece...
M:
si
alzò da tavola, depose le vesti (il mantello) e, preso un
asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua
nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli
con l’asciugatoio di cui si era cinto.
M:
I
pensieri di consapevolezza di Gesù poco alla volta lasciano spazio
alla gestualità. Le vesti vengono deposte (il mantello). È un atto
che realizza la profezia del chicco di grano che muore nella terra e
anticipa la spogliazione della croce. La dignità del mantello viene
infusa nell’asciugatoio, nel panno di servizio. Ha poi inizio il
movimento di abbassamento della lavanda dei piedi. I piedi sono a
contatto con tutti i tipi di terreno, anche con la polvere dei
territori pagani, perciò impuri. Tutta la persona attraverso i piedi
può esserne contaminata, resa impura. Entrare in contatto con i
piedi significa contrarre impurità rituale.
La via di Gesù, è la via
che parte dal basso. Egli costruisce relazioni vitali proprio a
partire da dove l’uomo è più terra terra, precario, immaturo,
colpevole e ferito.
In tutti i contesti c’è
sempre qualcuno che sta in basso più degli altri. Come ci
apparirebbe la realtà se solo la guardassimo dalla parte di chi si
trova effettivamente più in basso? … E se fossimo davvero
consapevoli che nonostante esistano in noi degli scarti, “Qualcuno”
non disdegna di abbassarsi per lavarci i piedi, non cambierebbero
forse i anche le nostre relazioni con gli altri?
M:
Venne
dunque da Simon Pietro e questi gli disse: “Signore, tu lavi i
piedi a me? ”. Rispose Gesù: “Quello che io faccio, tu ora non
lo capisci, ma lo capirai dopo”. Gli disse Simon Pietro: “Non mi
laverai mai i piedi! ”. Gli rispose Gesù: “Se non ti laverò,
non avrai parte con me (non hai nulla da spartire con me)”. Gli
disse Simon Pietro: “Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e
il capo! ”. Soggiunse Gesù: “Chi ha fatto il bagno, non ha
bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto mondo; e voi siete
mondi, ma non tutti”. Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo
disse: “Non tutti siete mondi”.
M:
La
resistenza di Pietro, esprime la difficoltà dell'intera comunità
credente ad accogliere queste conseguenze dell’amore. Gesù chiede
di decidersi a lavare i piedi e di smetterla di dominare. Se, come
Pietro, non accettiamo questo, “non avremo parte con lui”, vale a
dire: non avremo nulla da spartire con Gesù.
T:
Quando
dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti (prese il
mantello), sedette di nuovo e disse loro: “Sapete ciò che vi ho
fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo
sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri
piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato
infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi.
M:
Gesù
è seduto di nuovo in mezzo a loro. È l’icona di Gesù posto al
centro della sua comunità per ammaestrarla, sempre. Gesù dà la
spiegazione come una definitiva consegna per i suoi, i quali sono
invitati a fare non diversamente da lui. Tutto però è preceduto da
un fatto che non va dimenticato perché anch’esso è altamente
rivelativo: Gesù riprende le vesti (la dignità del mantello) MA
NON RIPONE IL PANNO DEL SERVIZIO. Gesù E IL PADRE SONO PER SEMPRE
AL SERVIZIO DELL’UMANITA’.
Giovedì Santo 9 Aprile 2020.
Sezano
Il 9 aprile del 1945 muore
appeso nudo nel campo di concentramento di Flossenburg il pastore
evangelico Dietrich Bonhoeffer - In unione alla Chiesa Luterana e
alla Chiesa Anglicana che oggi ne fanno memoria, anche noi preghiamo:
Signore Dio, noi
facciamo memoria di Dietrich Bonhoeffer, testimone di Cristo tra i
suoi fratelli: egli ha ricercato la libertà nella disciplina, la
presenza divina nell'azione, la testimonianza evangelica nel
sacrifico fino alla morte: concedi anche a noi di saper lottare con
coraggio a causa della giustizia, e riconoscere sempre il primato
della tua volontà. Amen