Meditazioni sulla Santa Cena - Giovedì Santo 2020 - p.Silvano - Monastero del Bene Comune

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giovedì 9 aprile 2020

Meditazioni sulla Santa Cena - Giovedì Santo 2020 - p.Silvano



Meditazioni sulla Santa Cena

Cari amici e amiche,
quest'anno il triduo è insolito, lo sappiamo bene. Le meditazioni che accompagnano i testi biblici della Santa Cena nel Giovedì Santo. Si può celebrare anche in casa e fare memoria della consegna del Signore. Pur non essendo la stessa cosa come la celebrazione degli altri anni, non è detto che la preghiera sia meno intensa e significativa.
Se posso permettermi un consiglio, nelle vostre case, raccoglietevi attorno al tavolo e accendete un cero vicino alla Bibbia.
Potete leggere con calma questi testi che presento alternando il commento al testo biblico in grassetto. Di tanto in tanto, prendetevi una sosta per condividere delle preghiere o del silenzio di preghiera.
Accanto alla Bibbia aperta, suggerirei di non far mancare del pane e del vino. Dopo l'ascolto e la preghiera, il più giovane o chi per lui può spezzare il pane e distribuirlo assieme al vino. Infine, colui che ha spezzato il pane benedica tutti con un segno di croce sulla fronte.
p. Silvano



Esodo 12, 1-8.11-14

Meditazione (M): Sotto un manto stellato, seduti attorno al fuoco, le fiamme riempivano gli occhi danzando nei ricordi delle parole, parole che venivano da lontano. I fanciulli schiamazzavano dentro e fuori, le donne invece erano tutte prese nei preparativi: tra poco si mangerà insieme. Intanto, quelli attorno al fuoco, cercavano di mettere insieme le parole e i ricordi dei vecchi, parole e ricordi che persino i vecchi a loro volta avevano ricevuto da Mosè. È lui che un tempo spiegò il come e il perché di quella cena che tra poco avrebbero consumato insieme.

Testo(T): «Questo mese sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell’anno. Parlate a tutta la comunità d’Israele e dite: “Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per un agnello, si unirà al vicino, il più prossimo alla sua casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l’agnello secondo quanto ciascuno può mangiarne.

M: In realtà, non era la prima volta che, proprio in questa stagione, la stagione di primavera, sentivano quei discorsi. Forse lo stesso Mosè li aveva ascoltati da altri, soprattutto quando, nel periodo della latitanza, faceva il pastore del gregge di Ietro, suo suocero. Lì, con altri del mestiere, discutendo di problemi di pastorizia, era venuto a conoscenza di un rito particolare per ringraziare e propiziarsi le divinità prima di dare inizio alla transumanza di primavera. Dal momento che le piogge di stagione regalavano pascoli verdeggianti, per quei pecorai ogni primavera era un nuovo inizio, un sempre nuovo inizio, o meglio, un passaggio, che gli antichi chiamavano - pasqua, il passaggio dalle aride steppe del deserto alle vallate lussureggianti. Il rito, grosso modo, avveniva in questo modo:

T: Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell’anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo conserverete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l’assemblea della comunità d’Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po’ del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull’architrave delle case nelle quali lo mangeranno.

M: Quando, molto tempo dopo, Mosè si trovò alla guida di un popolo che compì sì un passaggio, un andare oltre, una pasqua, ma non verso pascoli verdeggianti, bensì verso la libertà, egli suggerì ai suoi lo stesso rito affinché in ogni generazione ricordassero che loro sarebbero stati per sempre, in ogni tempo un popolo sempre pronto a compiere mille e mille passaggi verso la libertà e il servizio. In quel rito, il popolo di Mosè, che poi è anche il popolo di Gesù, ha perpetuato la memoria che ogni terra di libertà, di giustizia, di dignità e di amore per l'umanità e per la creazione è come un pascolo verdeggiante, una vallata gravida di buone promesse.

T: “In quella notte io passerò per la terra d’Egitto ... farò giustizia. Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione lo celebrerete come un rito perenne”... In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con azzimi e con erbe amare. Ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la Pasqua del Signore!

M: Ma l'efficacia sta nell'essere insieme. Insieme si cresce nella libertà, nella bontà, nel servizio alla giustizia: mai da soli, mai senza gli altri, mai contro gli altri.

T: “Questo mese sarà per voi l’inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell’anno. Parlate a tutta la comunità d’Israele ... Se la famiglia fosse troppo piccola per un agnello, si unirà al vicino, il più prossimo alla sua casa, secondo il numero delle persone... allora tutta l’assemblea della comunità d’Israele lo immolerà al tramonto.”

M: Perciò sentiamoci anche noi comunità del Signore. Uniamoci come famiglia raccolta Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen

(suggerisco un breve spazio di preghiera silenziosa e poi pregare assieme col salmo 116)

SALMO 116
Che cosa renderò al Signore,
per tutti i benefici che mi ha fatto?
Alzerò il calice della salvezza
e invocherò il nome del Signore.
Agli occhi del Signore è preziosa
la morte dei suoi fedeli.
Io sono tuo servo, figlio della tua schiava:
tu hai spezzato le mie catene.
A te offrirò un sacrificio di ringraziamento
e invocherò il nome del Signore.
Adempirò i miei voti al Signore
davanti a tutto il suo popolo.

1 Corinzi 11, 23-29

M: Paolo si trova ad Efeso e qui viene raggiunto da uno scritto da parte di qualche membro della comunità di Corinto per chiedere dei chiarimenti riguardo alcune situazioni.
Nella comunità vi sono disuguaglianze che emergono con evidenza soprattutto nel momento della Santa Cena, disuguaglianze tali per cui vi è “uno che ha fame, l’altro ubriaco”. Si sta parlando della Cena del Signore, non di qualsiasi altro pasto. La Santa Cena coinvolge il credente fino ad assumere in se stesso il criterio e lo stile che hanno sostenuto il Signore a donarsi fino in fondo.
Ora, compiere i suoi gesti (il memoriale della Santa Cena) è molto rischioso perché o si accetta di partecipare a ciò che ha mosso Gesù a donarsi nella fraternità e nella comunione o si entra in un circuito di non verità che inganna noi e banalizza ciò che il Signore ci ha consegnato. Non si può spezzare il pane della fraternità e mantenere le diseguaglianze.

T: Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: “Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me”. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me”.

M: Quando Paolo si introduce con questa formula: “ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso”, intende suscitare nell’ascoltatore la massima attenzione. È un’espressione quasi tecnica per far comprendere che quanto va affermando attiene al deposito stesso della fede, non un pensiero che dipende semplicemente dal suo punto di vista.
Ecco allora chiarito per i credenti di Corinto che fare la Santa Cena significa mettersi in collegamento diretto col Cristo (in memoria di me!) che, attraverso il pane, s’è consegnato e donato per amore senza alcuna riserva. Come dunque è possibile mettere d’accordo questa Cena con l’ingiustizia delle diseguaglianze?
Cosa accade quando si accetta di mangiare e bere il corpo ed il sangue del Signore, ossia, quando si alimenta la nostra vita col mistero stesso che impresse un preciso orientamento alla vicenda di Gesù?

T: Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga.

M: Assimilare la gestualità di Gesù Cristo attraverso il mangiare ed il bere nella Santa Cena, significa anticipare ciò che accadrà: il presente sarà superato nel compimento della condivisione della vita e del pane. Ecco perché è inconcepibile che i suoi discepoli adottino nelle loro relazioni i criteri mondani della cultura dello scarto.

T: Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna.

M: Mangiare in modo indegno significa entrare in questa gestualità senza la disponibilità a lasciarsene coinvolgere. Infine, si tratta di una gestualità che implica riconoscere il Cristo nelle persone che compongono la comunità. Escludere alcuni fratelli e sorelle, magari in ragione del censo, equivale a non riconoscere, il mistero di Cristo nel suo vero Corpo che è la Comunità.

Dal Vangelo secondo Giovanni 13, 1-15

T: Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo (essendo cosciente) che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine (dimostrò il suo amore fino all’estremo).
Mentre cenavano, quando già il diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo, Gesù sapendo (essendo cosciente) che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava.

M: È il momento del saluto. L'evangelista Giovanni sente necessario precisare il clima profondo che avvolge i gesti e le parole di Gesù: “… Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo li amò sino alla fine”, Tanto a dire: dimostrò il suo amore fino all’estremo. Tutti i discepoli e le discepole sono avvolti da questo amore inesauribile. Solo poche sottolineature, tuttavia sufficienti donarci uno sguardo fiducioso. Il momento è solenne, Gesù sa (è cosciente) di passare da questo mondo al Padre e sa pure che lo attende un destino di tradimento e di morte. Ci si attenderebbe perciò una serie di dichiarazioni altrettanto solenni. Invece...

M: si alzò da tavola, depose le vesti (il mantello) e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio di cui si era cinto.

M: I pensieri di consapevolezza di Gesù poco alla volta lasciano spazio alla gestualità. Le vesti vengono deposte (il mantello). È un atto che realizza la profezia del chicco di grano che muore nella terra e anticipa la spogliazione della croce. La dignità del mantello viene infusa nell’asciugatoio, nel panno di servizio. Ha poi inizio il movimento di abbassamento della lavanda dei piedi. I piedi sono a contatto con tutti i tipi di terreno, anche con la polvere dei territori pagani, perciò impuri. Tutta la persona attraverso i piedi può esserne contaminata, resa impura. Entrare in contatto con i piedi significa contrarre impurità rituale.
La via di Gesù, è la via che parte dal basso. Egli costruisce relazioni vitali proprio a partire da dove l’uomo è più terra terra, precario, immaturo, colpevole e ferito.
In tutti i contesti c’è sempre qualcuno che sta in basso più degli altri. Come ci apparirebbe la realtà se solo la guardassimo dalla parte di chi si trova effettivamente più in basso? … E se fossimo davvero consapevoli che nonostante esistano in noi degli scarti, “Qualcuno” non disdegna di abbassarsi per lavarci i piedi, non cambierebbero forse i anche le nostre relazioni con gli altri?

M: Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: “Signore, tu lavi i piedi a me? ”. Rispose Gesù: “Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo”. Gli disse Simon Pietro: “Non mi laverai mai i piedi! ”. Gli rispose Gesù: “Se non ti laverò, non avrai parte con me (non hai nulla da spartire con me)”. Gli disse Simon Pietro: “Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo! ”. Soggiunse Gesù: “Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto mondo; e voi siete mondi, ma non tutti”. Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: “Non tutti siete mondi”.

M: La resistenza di Pietro, esprime la difficoltà dell'intera comunità credente ad accogliere queste conseguenze dell’amore. Gesù chiede di decidersi a lavare i piedi e di smetterla di dominare. Se, come Pietro, non accettiamo questo, “non avremo parte con lui”, vale a dire: non avremo nulla da spartire con Gesù.

T: Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti (prese il mantello), sedette di nuovo e disse loro: “Sapete ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi.

M: Gesù è seduto di nuovo in mezzo a loro. È l’icona di Gesù posto al centro della sua comunità per ammaestrarla, sempre. Gesù dà la spiegazione come una definitiva consegna per i suoi, i quali sono invitati a fare non diversamente da lui. Tutto però è preceduto da un fatto che non va dimenticato perché anch’esso è altamente rivelativo: Gesù riprende le vesti (la dignità del mantello) MA NON RIPONE IL PANNO DEL SERVIZIO. Gesù E IL PADRE SONO PER SEMPRE AL SERVIZIO DELL’UMANITA’.
Giovedì Santo 9 Aprile 2020. Sezano

Il 9 aprile del 1945 muore appeso nudo nel campo di concentramento di Flossenburg il pastore evangelico Dietrich Bonhoeffer - In unione alla Chiesa Luterana e alla Chiesa Anglicana che oggi ne fanno memoria, anche noi preghiamo:

Signore Dio, noi facciamo memoria di Dietrich Bonhoeffer, testimone di Cristo tra i suoi fratelli: egli ha ricercato la libertà nella disciplina, la presenza divina nell'azione, la testimonianza evangelica nel sacrifico fino alla morte: concedi anche a noi di saper lottare con coraggio a causa della giustizia, e riconoscere sempre il primato della tua volontà. Amen

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