Meditazione quinta domenica di Pasqua - Monastero del Bene Comune

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domenica 10 maggio 2020

Meditazione quinta domenica di Pasqua


Signore Gesù, noi diciamo di credere in Dio, ma il nostro dio non combacia con il tuo Dio,
e nel tuo è sempre più difficile credere: un Dio così umile e debole!
Sei la verità, la via e la vita: senza di te non sa nulla nessuno, nulla di Dio e neppure dell'uomo. Signore Gesù, fa che tutti vedendoti credano nel tuo Dio. Amen
Atti 6,1-7; 1Pt 2,4-9


Gv. 14, 1-12

1 “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me.

2 Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l’avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; 3 quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. 4 E del luogo dove io vado, voi conoscete la via”.

5 Gli disse Tommaso: “Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via? ”.

6 Gli disse Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.

7 Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto”.

8 Gli disse Filippo: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”.

9 Gli rispose Gesù: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? 10 Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere. 11 Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse.
12 In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre.

Salmo 32

Esultate, o giusti, nel Signore;
per gli uomini retti è bella la lode.
Lodate il Signore con la cetra,
con l’arpa a dieci corde a lui cantate.
Perché retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto;
dell’amore del Signore è piena la terra.
Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.
***

Con l’avvicinarsi dell’ora di Gesù, si fanno le sue consegne più precise ed esplicite.
Il contesto immediato è suggerito dalla dichiarazione di Gesù sul prossimo rinnegamento di Pietro. Non è difficile immaginare che, nel pensiero dell'evangelista, questo tipo di defezione sia sempre in agguato anche per le chiese che verranno dopo di lui.
All’evangelista Giovanni non sta tanto a cuore la situazione dei discepoli prima della morte di Gesù, quanto piuttosto la situazione della comunità dei discepoli e delle discepole dopo la sua morte e risurrezione. Giovanni, sul finire del primo secolo d. C. , intende spiegare alle prime generazioni cristiane (e a ogni generazione cristiana!) il senso dell'essere comunità del Cristo, su cosa si deve puntare, con quale stile, quali strade percorrere ecc.

Il testo è attraversato dal verbo andare ed è racchiuso tra il turbamento dei discepoli e la promessa che, a causa di quell'andare di Gesù, compiranno opere più grandi di quelle fatte da Gesù.
Nel corpo del racconto troviamo due interrogazioni, rispettivamente di Tommaso e di Filippo, a cui corrispondono due autoproclamazioni da parte di Gesù.
Il sentimento di turbamento che troviamo in apertura del brano è motivato dall’andare di Gesù. È il sentimento che tutti proviamo quando ci viene a mancare una persona su cui possiamo contare, su cui ci possiamo appoggiare. In effetti, il termine fede in lui e nel Padre cui invita Gesù, ha proprio il significato di appoggiarsi... “continuate a contare su di me e sul Padre... continuate ad appoggiarvi su me e sul Padre anche se le vicende che mi coinvolgono sembrano rendere irragionevole questa fiducia”. Questo è il primo focus su cui la Comunità deve puntare: mantenersi fiduciosa nel vangelo anche quando le evidenze storiche lo sconsiglierebbero.
Il suo è un andare verso il compimento del destino di croce. Gesù sente la necessità di percorrere fino in fondo la propria strada anche se la croce non lascia spazio ad altre prospettive. Il turbamento della Chiesa è questo! Tutti d'accordo sul messaggio, ma quando ciò domanda il prezzo dell'insuccesso, dell'abbassamento e perfino della vita,... allora inizia il balletto dei distinguo, delle trattative, della ricerca di vie d'uscita ecc.
Di fatto il suo andare è un percorso causato dall'amore radicale e profondo per l'umanità e per ogni essere, fino a lavare i piedi. Per il Signore Gesù, quell’andare è il risultato di un amore inimmaginabile, che porta ad una condivisone assoluta, per essere dalla parte dell’uomo e mai contro l’uomo, ma contro l’ingiustizia fino a subire la condanna. Se avesse cercato accordi con i potenti, con i rappresentanti dell'apparato templare, con i “pastori lupi” che utilizzano la religione per affermare se stessi e affamare la gente, i discepoli sarebbero stati col cuore in pace quella sera, ma lui avrebbe interrotto il suo percorso di amore. Non sarebbe andato avanti nella sua strada. Il suo amore per l'essere umano, per la sua dignità, non avrebbe raggiunto la realtà concreta delle persone.
L'evangelista vuole porre la comunità credente di fronte ad un paradosso: l'andare di Gesù verso la morte, in realtà, è un venire più forte verso i suoi per riempirli di vita. Non bisogna quindi essere turbati ma rallegrarsi perché quanto gli sta accadendo è per amore della vita del mondo. È vita perché nasce dall’amore per l’uomo e noi ne siamo avvolti, siamo al di dentro, nella dimora, nel posto giusto di quest'amorevolezza.
Il cuore, cioè la coscienza intima dove riceviamo e condividiamo amorevolezza, è il posto, la dimora che Gesù prepara per noi. E pensare che è anche il posto e la dimora di Dio, il vero tempio (vedi seconda lettura).
Fin dall'inizio del suo vangelo Giovanni ci fa capire in tutti i modi che Dio non è più nel santuario ma è nei discepoli/e che accolgono la sua vicenda di Gesù come parola di Dio. Ecco perché si parla di molte dimore, tante quante sono le situazioni umane che accolgono Gesù.
Che strano! Nel vangelo di domenica scorsa Gesù, il bel pastore, ci spingeva fuori dal recinto, fuori cioè dalle strettoie di una religiosità oppressiva di controllo e senza amore; oggi, quei prati di erba verdeggianti su cui pascolare e trovare vita in abbondanza diventano, come in dissolvenza, un posto, una dimora.
La dimora non è il luogo dove ti trovi imprigionato, ma è il posto in cui la cura, il perdono, l'accoglienza, la tenerezza, la giustizia e la verità ti ricompongono, ti custodiscono. I posti che Gesù prepara non si trovano nelle regioni celesti, ma sono dentro la stessa relazione di amore che lui ha con il Padre; non sono luoghi fisici ma spazi esistenziali come il trovarsi in situazioni spiacevoli o felici ecc.
Quello di Gesù è un cammino senza ritorno sui suoi passi. Ci sono situazioni concrete che esigono impegno, ci sono delle strade, delle scelte, che vanno portate avanti fino in fondo anche a prezzo di grandi perdite o sacrifici, altrimenti la situazione non cambierebbe.
Grazie alla domanda di Tommaso - “Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via? ” - le comunità del vangelo (di tutti i tempi) si concentrano su Gesù; assimilano il suo andare.
La direzione di marcia non è più quella determinata dalla mediazione dell'apparato sacro del tempio, ma dall'essere partecipi del suo vissuto: “Io sono Via”- Tanto a dire: “Io sono alternativo al modo di andare” di una religiosità del dovere senza amore. L'evangelico segue i parametri dell'amore e non quelli del dominio.
Sono verità” e la verità non coincide con una dottrina monolitica ma con l'amore capace di sostenere l'uomo nelle sue fatiche e nelle sue ferite.
La Vita non mortifica nessuna delle deboli speranze del cuore umano. Questo intendeva Gesù con “io sono la vita”.
Fissando lo sguardo su Gesù, la Chiesa delle origini e la Chiesa di sempre sa quindi come muoversi in questo mondo.
Se l'interrogativo di Tommaso aiuta le chiese di tutti i tempi a non perdere di vista lo stile cristologico dell'esperienza cristiana, la domanda di Filippo conferisce un'impronta, per così dire, teologica:“Mostraci il Padre e ci basta”. Sta per “come possiamo fare esperienza di Dio (conoscere) seguendo le tue orme?”. Nella risposta di Gesù, Giovanni ci fa comprendere che non Gesù è come Dio, ma Dio è come Gesù.
È difficile parlare di Dio senza cadere nell'insipienza di parole stolte. Meglio tacere! Eppure la domanda di Filippo lascia sorpreso Gesù: “Da tanto tempo sono con voi e tu mi chiedi di vedere il Padre?
L'hai visto quando ho dato quando ho offerto il vino della gioia a Cana
l'hai visto quando l'accoglienza e l'amore hanno spento la sete al pozzo di Samaria
l'hai visto quando uomini severi hanno lascito cadere le pietre destinate alla lapidazione dell'adultera
l'hai visto nel casino che ho fatto al tempio perché il tempio è l'uomo nella concretezza della sua corporeità.
l 'hai visto quando ho provocato la supponenza dei dottori aprendo gli occhi a un mendicante per comprendere come stanno veramente le cose
l'hai visto quando mi sono chinato ai vostri piedi....

Appoggiarsi al percorso esistenziale di Gesù, al suo andare, è la condizione per fare le opere di Gesù e magari farne di più grandi, non nel senso di realizzare prodigi più strepitosi, ma nel senso di realizzare ciò che lui non ha ancora realizzato, perché lo ha affidato a noi affinché l’uomo abbia la vita. Ecco perché dobbiamo gioire e non rimanere turbati.
Questo è il posto che lui prepara, il nostro posto nella vita. Preghiamo perché tutti e tutte le chiese trovino il posto che Gesù ha preparato per loro. Preghiamo soprattutto perché nessuno e nessuna Chiesa occupi il primo posto, sarebbe fuori posto.


Davanti a te, o Signore,
  • portiamo nella preghiera, anche questa domenica, il dramma mondiale della pandemia.
  • Ricordiamo tutte le vittime del contagio e le loro famiglie.
  • In Argentina, le persone più colpite sono tra la gente che abita i quartieri più popolari.
  • Il dramma dell'emergenza negli istituti penitenziari.
  • Le 73 infermiere decedute in Brasile per assistere i contagiati e la sprezzante e blasfema ironia di Bolsonaro che ieri ha detto di voler fare una grigliata di 3000 persone nel palazzo presidenziale di Brasilia.

Ti rendiamo grazie, Signore,
  • per le persone di buona volontà.
  • Per l'appello di donne e uomini della comunità scientifica internazionale affinché il vaccino Covid 19 sia per tutti, gratuito e di dominio pubblico.
  • Per tutte le iniziative di solidarietà che dal Perù all'Afghanistan sono promosse a sostegno di chi si trova in maggiori difficoltà in questi tempi di pandemia.


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