Meditazione di Pentecoste - Monastero del Bene Comune

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sabato 30 maggio 2020

Meditazione di Pentecoste



Manda, Signore Gesù, il tuo Spirito consolatore:
la sua presenza ci sveli la verità delle cose.
Ci inizi alla vita di contemplazione e in essa trovi pace il nostro cuore inquieto.
Egli ci liberi dalle aride dottrine. il tuo Spirito canti in noi il canto che nasce dall'uomo che ha ritrovato l'immagine e la somiglianza divina. Amen


Carissimi Amici e Amiche,
mi piace entrare in questa meditazione di Pentecoste con un testo poetico dell'amica Susanna Caniato. Possiamo considerarlo esso stesso preghiera, meditazione, omelia. È un dono che ho ricevuto e che desidero condividere

Pregare in spirito,
senza più proferire parola.
Mani giunte, una accanto all’altra,
morbide per lasciare
lo spazio giusto
dove possa germogliare
e crescere
un seme.
Lo spazio sufficiente
per lasciar passare
un filo d’aria vitale
e la luce che scaccia il buio.
In piedi, sulla nuda terra,
per non tagliare le mie radici.
Con il capo chino e
la schiena curva verso la terra,
per inchinarmi al cielo
e avvicinarmi alla terra
alla quale appartengo.
Pregare con il silenzio
nel cuore.

Non fiume di parole,
ma attesa silenziosa.
Consapevolezza umile
di essere creatura viva,
di essere respiro profondo,
di essere con il respiro dell’Umanità.
Pregare con il cuore
vuoto,
per non essere io,
per essere fuori dal mio io
per ospitare, per ascoltare,
per riempirmi della consapevolezza
delle creature.
E il cuore si allarga,
si espande e racchiude tutto e tutti
in sé.
Racchiude il cielo e la terra,
il divino e l’umano.
MAGGIO 2020


Atti degli Apostoli 2, 1-11 Salmo 103 1 Corinzi 12, 3-7.12-13
Giovanni 20, 19- 23

Le parole del racconto del giorno di Pentecoste, secondo Atti degli Apostoli (prima lettura), ci parlano dello sprigionarsi di una forza che irrompe, riempie, pervade: il vento forte, il tuono, il fuoco. Insomma, un fenomeno che nessuno può trattenere né controllare.
Chi parla in questo modo ha fatto l’esperienza che Gesù non è un’astrazione ma una presenza che cambia la vita. La rende capace di amare. L’amore è una forza di cambiamento di cui tutti sono in grado di comprenderne il linguaggio.
“Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotàmia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio»
Se Google maps potesse presentarci in sequenza veloce la geografia dei popoli qui indicati, avremmo l'immagine di una girandola le cui ali andrebbero a lambire le zone più lontane, le periferie, del mondo allora conosciuto. Comprendiamo così che lo Spirito, soffia il vento dell'evangelo al di là di ogni schema culturale, al di là di ogni appartenenza sociologica o religiosa. E, come il vento, entra ovunque. È come il tuono, arriva inaspettato. È come il fuoco, non puoi trattenerlo con le mani.
Sapranno le chiese cristiane sottomettersi alla sua azione senza la pretesa di racchiuderlo nei rigidi schemi delle loro dottrine teologiche e morali?

Aprirsi all’azione dello Spirito, secondo Paolo, non significa lasciarsi indottrinare, tutt'altro, significa andare all'essenziale, cioè scoprire dentro il legame che ci unisce al Signore.
3 Ebbene, io vi dichiaro: come nessuno che parli sotto l’azione dello Spirito di Dio può dire “Gesù è anàtema”, così nessuno può dire “Gesù è Signore” se non sotto l’azione dello Spirito Santo” (seconda lettura).
Nessuno che sia mosso dello Spirito può rifiutare Gesù (dicendo: Gesù è maledetto); nessuno può riconoscere la sua signoria nella propria coscienza se non sotto l’azione dello Spirito, che è il suscitatore delle fede. Tutte le altre manifestazioni sono solo conseguenze, anche abbastanza secondarie rispetto a questo riconoscimento delle signoria di Gesù.
Comprendiamo dunque che l’azione dello Spirito ci conduce a far luce sull’essenziale: riconoscere Gesù come Signore, riferimento e chiave interpretativa dell'esistere. È l'energia che fa convergere le differenze verso la solidarietà ed alimenta la reciprocità cosicché ognuno si sia servitore della crescita di Cristo nell’altro, mettendo a disposizione i doni che ha ricevuto. L’aiuto vero che possiamo offrirci reciprocamente gli uni agli altri non deriva dalla somma delle nostre risorse secondo la logica aziendalista de “l’unione fa la forza”; l’aiuto vero non consiste nell’essere assommati o assimilati, ma nell’essere gli uni per gli altri affinché in tutti e in ciascuno cresca il Corpo di Cristo.
Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito”.
Gv. 20, 19 – 23

La sera di quel giorno, il primo della settimana,
mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei,
venne Gesù, stette in mezzo
e disse loro: «Pace a voi!».
Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco.
E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo:
«Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi».
Detto questo, soffiò e disse loro:
«Ricevete lo Spirito Santo.
A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati;
a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».






Il venire di Gesù in mezzo ai suoi è introdotto da una coordinata temporale di notevole interesse:
  • La sera di quel giorno, il primo della settimana

Come non pensare che con quest'indicazione cronologica Giovanni non intenda riferirsi alla prassi della primitiva Comunità cristiana che, appunto, nel primo giorno della settimana celebrava la memoria viva del suo Signore Crocifisso e Risorto?

Un gruppo di persone è abitato dalla paura. Gv. rende questo clima con le espressioni: caduta la notte e le porte chiuse (sprangate).
Con quanti timori, reticenze, perplessità, ci capita di fare i conti!
Tutto ciò è qualcosa che provoca chiusura, paralizza, fa trattenere il respiro.
Questa non è la vita in abbondanza che ha promesso Gesù.

Il testo dice: Venne Gesù e stette in mezzo. Come dire: Entrò dentro le chiusure, prese contatto; presidiò sulle paure.

Dal di dentro delle nostre perplessità, fatiche, incertezze, incompiutezze ed immaturità il Signore ci libera. Dal di dentro fa vedere l’inconsistenza delle nostre difese perché entra con quell'amore inesauribile e traboccante di cui l'evangelista parlò nel contesto della lavanda dei piedi: li amò sino alla fine. Come nel racconto della lavanda dei piedi, ora è ai loro piedi, dentro gli smarrimenti del loro cuore con i segni di quell'amore inesauribile di cui parlò la sera prima di entrare nella passione. I segni delle mani, dei piedi e del costato stanno lì ad indicare un amore certo che scioglie ogni titubanza e ogni resistenza come neve al sole.
Ecco perché il saluto di Gesù si realizza nel dono della pace: shalom a voi. Essa non è solamente assenza di conflitto ma un restare nella vita in modo positivo, dignitoso, pieno, in piedi, senza timori. La “pace – shalom” è la possibilità di realizzare promesse di quel bene che attende di essere realizzato.
Il dono diventa poi un incarico: Vi do lo shalom, rimettete i peccati, sciogliete i nodi. Questo compito è affidato ai dodici in quanto discepoli, vale a dire quali rappresentanti ed espressione della totalità dell'intera comunità del Signore.
Tutti coloro che sono stati raggiunti dalla fiducia, dall'accoglienza e dall'amorevolezza del Signore non possono esimersi dal far entrare le situazioni in un orizzonte di giustizia, di verità, di benevolenza, di benedizione.

Per Gesù, questa nuova condizione è come una nuova creazione. Nel racconto di Genesi sulle origini del mondo vi è detto che il Signore Dio soffiò un alito di vita nelle narici dell’Adam, il terrestre, il quale divenne un essere vivente.
Gesù alita lo Spirito santo nell’esistenza.

Alla chiesa che, per paura, ha perso il respiro e si è trincerata dietro le porte sprangate delle false sicurezze, delle presunte certezze dottrinali, ora Gesù le dà respiro. Non ha da temere di diventare sempre più umana nel senso più bello e pieno del termine. Può correre il rischio della fraternità secondo l'audace leggerezza del vangelo. Nella tenerezza di Dio per l'umano, per la sua storia e per tutto il vivente, può finalmente respirare il suo ossigeno, l'aria pura dello Spirito.

Salmo 103

Benedici il Signore, anima mia!
Sei tanto grande, Signore, mio Dio!
Quante sono le tue opere, Signore!
Le hai fatte tutte con saggezza;
la terra è piena delle tue creature.
Togli loro il respiro: muoiono,
e ritornano nella loro polvere.
Mandi il tuo spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra.
Sia per sempre la gloria del Signore;
gioisca il Signore delle sue opere.
A lui sia gradito il mio canto,
io gioirò nel Signore.


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