Meditazione VI domenica di Pasqua - Monastero del Bene Comune

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lunedì 18 maggio 2020

Meditazione VI domenica di Pasqua



Vieni, Spirito creatore, visitaci, vieni ad illuminare l’anima dei tuoi figli, riempi i nostri cuori di grazia e di luce, tu che creasti tutte le cose con amore.
Tu il dono, l’inviato di Dio l’altissimo, tu ti sei fatto per noi il difensore.
Tu sei l’amore, il fuoco, la sorgente viva, forza e dolcezza della grazia del Signore.

Gv. 14, 15 – 21

15 Se mi amate, osserverete i miei comandamenti.

16 Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre,

17 lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi.

18 Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi.

19 Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete.

20 In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi.

21 Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui”.


Salmo 65
Acclamate Dio, voi tutti della terra,
cantate la gloria del suo nome,
dategli gloria con la lode.
Dite a Dio: «Terribili sono le tue opere!

A te si prostri tutta la terra,
a te canti inni, canti al tuo nome».
Venite e vedete le opere di Dio,
terribile nel suo agire sugli uomini.

Egli cambiò il mare in terraferma;
passarono a piedi il fiume:
per questo in lui esultiamo di gioia.
Con la sua forza domina in eterno.

Venite, ascoltate, voi tutti che temete Dio,
e narrerò quanto per me ha fatto.
Sia benedetto Dio,
che non ha respinto la mia preghiera,
non mi ha negato la sua misericordia.
-°-°-

Questo breve testo, appartenendo ai discorsi di saluto di Gesù prima della sua passione e morte, ha le caratteristiche di un testamento spirituale. Al momento del congedo si consegnano ai propri cari e agli amici le cose che davvero contano.
Se Gesù fosse un caposcuola porrebbe nelle mani dei discepoli i testi fondamentali che riguardano i principi del suo pensiero e le linee programmatiche della sua azione. Nelle parole di Gesù, invece, non c’è posto per dichiarazioni di ordine dottrinale, morale, giuridico e quant’altro.
Il brano apre con un esplicito richiamo all’amore: “ Se mi amate, osserverete i miei comandamenti”. E chiude con “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama”: amare – comandamenti – osservare.
All'interno di questa polarità sta il gioco d'amore i cui soggetti sono Gesù, i suoi, il Padre.
Il tema dell’amore attraversa ed unisce tutto il testo.
L’amore di cui parliamo però, non rimane nel vago del mondo emotivo e nemmeno suggerisce indicazioni moralistiche.
L'amore per Gesù, come ogni relazione di amore e amicizia, benché le due dimensioni della relazione non siano uguali, è vivere l'altro dentro di sé, come una madre ama la creatura che porta in grembo...”le mie parole in voi”. L'amore per l'umanità, al modo di Gesù, non si esaurisce in un vago sentimento filantropico, è vivere dentro noi stessi l'umanità; un amore di contatto.
Nel brano di oggi implica un OSSERVARE I COMANDAMENTI. Che significa dal momento che nel modo di sentire comune l'amore non combacia con l'esecuzione di un un ordine?
Occorre distinguere tra osservare ed eseguire. Osservare significa custodire con cura un vissuto o un'esperienza come qualcosa che investe la propria esistenza. Le parole comandamento/i più che di doveri hanno il significato di istruzioni, indicazioni. Nel caso di Gesù i suoi “comandamenti sono le sue parole ed opere che “rimbalzano” nell'intimo del nostro vissuto: il suo amore verso gli altri, l'amore che diventa servizio agli altri (lavanda dei piedi) - “Amatevi come io vi ho amati” rimbalza in noi. L'amore che Gesù chiede per sé è quello lui ha declinato per gli altri. Quindi, nel caso di noi discepoli/e, l'osservare è un lasciare spazio nell'intimo della nostra esistenza perché la sua vicenda si manifesti. Un consentire alle parole di Gesù di diventare vita in noi.
Possiamo dire che in questo momento solenne di commiato, i discepoli e le discepole non ricevono da Gesù la consegna di una religione con il suo apparato di dottrina, di principii, di regole morali, di istituzione, di gerarchia e quant'altro. Ricevono la consegna della sua esperienza da far rivivere in loro.

I cristiani di Efeso, di Antiochia o di Siria a cui l'evangelista si rivolgeva con il suo racconto evangelico si domandavano che cosa li legasse al Signore Gesù:
  • Una quota associativa?
  • Una scuola di pensiero?
  • Un programma politico religioso?
  • La realizzazione di progetti di solidarietà?
  • La promozione di iniziative civiche?...
Giovanni rispondeva : l’amore che dà vita alle sue parole ( comandamenti – parole e azioni – la sua vicenda) dentro di noi.

L'amore leale per l'umanità che Gesù ha vissuto fino alla fine, fino all'estremo, è così lontano dalla logica mondana che questa non lo può accogliere dentro di sé; non ne può fare l'esperienza ( non può conoscere). Il mondo conosce solo potere e dominio. Occorre precisare che il mondo di cui parla Giovanni nel suo vangelo non è l'umanità e nemmeno la realtà del cosmo, è invece un modo di pensare e di stare nel mondo; è una mentalità, la mentalità di dominio e di potere. In questo senso, frequentemente il mondo così inteso lo incontriamo in personaggi dell'istituzione religiosa. Il mondo come mentalità non lo riscontriamo solo nei sistemi istituzionali e/o politici ma può presidiare anche il nostro cuore.
Questo mondo non può fare esperienza (conoscere) di Gesù, né del Padre.

La presenza invece di Gesù, attraverso l'amore e il servizio reciproco è qualcosa che fa vivere la comunità e Gesù nella comunità: io vivo e anche voi vivrete.
Questo perché ciò che avviene in Gesù (il Padre in me) è in perfetta corrispondenza con ciò che avviene nei discepoli (io in voi)
E più ancora:
Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi
Comprendiamo che Giovanni, come in dissolvenza, si rivolge alle future generazioni cristiane, quali siamo noi, che viviamo di fede nel Signore crocifisso e risorto a prescindere dalla sua fisicità, e tuttavia lo confessiamo vivente cercando di incarnare le sue parole nella nostra vita.
Gesù è ben consapevole che questo può rappresentare una difficoltà per la comunità cristiana, difficoltà che la può condurre fino alla crisi. È per questo che promettendoci il suo stesso Spirito in noi, lo chiama consolatore, colui che sta vicino, colui che entra in difesa , che conferma soprattutto nei momenti in cui ci si sente vacillare.
L’orfano è colui che nella difficoltà si trova senza nessuno. Un genitore accanto a te fa solo il genitore. la Presenza non è la soluzione dei problemi, non si sostituisce a te. Lui c’è e tu ti senti forte.
Paraclito: colui che ti parla da vicino, appunto, come fa l'avvocato difensore durante il dibattimento processuale. Egli è vicino a chi si trova in difficoltà nel far vivere dentro di sé la consegna ricevuta dal suo Signore. Lo Spirito -Respiro - Alito conferma la verità del Cristo nella nostra vita quando entriamo in crisi per qualsiasi ragione. Lo Spirito ( il respiro...ciò che è più intimo di Gesù) agisce in noi perché custodiamo con cura (osserviamo) l'amorevolezza delle sue parole (comandamenti) che s'imprimono ( che rimbalzano) nell'intimo del nostro esistere.

Carissimi/e,
domenica prossima, 24 maggio, possiamo ritrovarci a Sezano per celebrare assieme l'eucaristia negli spazi esterni del chiostro e della loggia. In settimana vi raggiungeremo con delle indicazioni più dettagliate.
Pace. Silvano

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