Dalla Nigeria al Chianti, "un autostop mi ha cambiato la vita”
Domenica, 06 Settembre 2020
Un giorno la sorella di Joseph, che ancora vive in Nigeria, si sente male: si tratta di una semplice appendicite, ma per l’operazione bisogna pagare 300 euro. Joseph non sa chi chiamare, e così pensa a Sascha: “Ho chiesto a mia madre se potevamo aiutarlo – racconta Sascha –. Lei non ha avuto dubbi: con una sua amica si sono messe d’accordo e hanno mandato subito i soldi in Nigeria. La sorella si è salvata, e questo ci ha uniti ancora di più. Una sera ho portato Joseph a cena a casa mia, a Montegonzi, per conoscere la mia famiglia. Quando è andato via, mia madre mi ha detto: ‘Perché non proviamo a tirarlo fuori dal centro di accoglienza?’. Così ci siamo informati: abbiamo chiesto a un avvocato e ci siamo messi d’accordo con il sindaco, e alla fine ci siamo riusciti. A novembre 2017 si è trasferito a casa nostra: io intanto stavo andando a vivere a Firenze, così Joseph si è installato in camera mia. Si vestiva coi miei vestiti, era molto divertente, ci chiamavamo ‘fratelli’”.
A Montegonzi, un paesino di 150 persone, Joseph è stato accolto a braccia aperte: “Non tanto per merito delle persone del posto, ma per merito suo, perché è una persona strasolare – racconta Sascha –. Ormai conosce tutti, lo invitano a cena, è già inseritissimo nella zona”. Nel frattempo, ha fatto l’audizione con la Commissione per l’asilo politico: a giugno 2018 l’ha ottenuto, e pochi mesi dopo è stato assunto nel roseto Fineschi. “Lavoro in mezzo alle rose tutto il giorno: le poto, le annaffio, le pulisco – spiega Joseph –. Abbiamo molti visitatori. Mi piace molto il mio lavoro: mi permette di mantenere in Nigeria mia madre e mia sorella, che va all’università, e anche la nostra vicina con i suoi tre figli. Lei ha provato come me a venire in Europa, ma non ce l’ha fatta: mi fa piacere darle una mano”.
Oggi Joseph si guarda indietro e ancora fa fatica a credere a quello che gli è capitato: “Quando sono partito dalla Nigeria, non immaginavo che il viaggio fosse così duro – ricorda –. Ho attraversato il Niger, il deserto, sono stato rinchiuso in un centro di detenzione in Libia. E poi sono partito su una barca nel Mediterraneo: non avevo mai visto il mare. Ci ho messo otto mesi per arrivare in Italia. Conoscere Sascha e la sua famiglia è stato un cambiamento gigante nella mia vita”. Oggi Joseph abita da solo in un piccolo monolocale vicino al roseto, che gli hanno dato a un prezzo molto accessibile. “La cosa più bella è stata andare a cena da lui e cucinare insieme – conclude Sascha –. Io ho preparato l’arrosto al forno, lui ha fatto il riso al pomodoro con il pesce fritto. Abbiamo mangiato con i miei genitori e altri amici: è stato un momento molto emozionante”.
Alice Facchini da Redattoresociale.it
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