Meditazione domenica IIIa di avvento B - Monastero del Bene Comune

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sabato 16 dicembre 2023

Meditazione domenica IIIa di avvento B

 

Ricordiamo, o Signore, davanti a te

Nel 2022 un minore su sei viveva in zone di conflitto, pari a 468 milioni. Le violazioni gravi contro di loro nelle guerre sono aumentate del 13%, raggiungendo una media di 76 al giorno. Le cifre sono destinate ad aumentare nel 2023 a causa della crisi di Gaza e in Sudan.

Nessuna visita medica, nessuna cura, nessun supporto psichiatrico. Camerate luride, bagni in condizioni inumane, cibo maleodorante e scaduto. C’è tutto questo dietro la decisione della procura di Milano di emettere un sequestro preventivo d’urgenza nei confronti della società Martinina srl, responsabile della gestione del Centro di permanenza per i rimpatri (CPR) di via Corelli a Milano.

Il 13 dicembre il parlamento europeo ha infatti approvato una risoluzione che condanna la campagna di sfratti portata avanti da tre decenni dal governo tanzano contro la popolazione Masai. I diritti delle popolazioni indigene sono una parte non negoziabile di qualsiasi iniziativa di conservazione.

Sono emerse preoccupazioni comuni a tutte le culture. 434 bambine e bambini rifugiati provenienti da 11 Paesi di Africa, America Latina, Europa orientale e Medio Oriente, hanno indicato gli abusi o l'esclusione dall'istruzione come il loro principale motivo di stress. I bambini hanno anche riferito di sentirsi insicuri nei campi profughi e di temere violenze sessuali e fisiche nei confronti delle ragazze.

Ad Haiti, Medici Senza Frontiere è costretta a sospendere per tempo indefinito tutte le attività nel centro di emergenza di Turgeau, nella capitale Port-au-Prince, dopo che un paziente è stato prelevato da un’ambulanza dell’organizzazione da un gruppo di uomini armati ed è stato ucciso. 

La polizia di Stato contro il fenomeno delle baby gang. Una vasta operazione condotta da 500 agenti coordinati dal Servizio centrale operativo è stata eseguita in 14 province, tra cui anche Verona. Una quarantina di persone, di cui circa il 25% minorenni, sono state arrestate e ne sono state denunciate circa 70.

Mafie. All’interno dei porti italiani registrati 140 casi di criminalità, circa un episodio ogni 3 giorni. Complessivamente sono 17 i casi localizzati nei porti della Campani. Tra il 2006 e il 2022 almeno 54 i porti italiani oggetto di proiezioni criminali, con la partecipazione di 66 clan.

 Continua a prenderti cura di noi, o Signore: Kyrie eleison

Aiutaci a riconoscere e a coltivare i semi di speranza

Palermo. Sessanta giovani a rischio dispersione scolastica producono vasi, pizzi, abiti e tessuti. Con arte, cultura e tradizione, in chiave di eco-sostenibilità 60 giovani (a rischio dispersione scolastica, con fragilità educative o esclusi da percorsi scolastici e lavorativi) hanno partecipato al progetto ConNEETtori della Fondazione di Comunità di Messina. I giovani, hanno ideato e realizzato un tessuto di arredo e un abito arricchito con decorazioni che rivisitano l'antica tradizione di lavorazione del pizzo a tombolo di Mirabella Imbaccari, in provincia di Catania.

Don Pino Puglisi: il suo sangue, un seme che ha portato frutto. “La voce del sangue” è il titolo del convegno per ricordare i trent’anni dal martirio del beato sacerdote, ucciso dalla mafia a Palermo, che si è svolto a Roma.

Gaza, “L’Italia dica basta!”. la Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace e la coalizione AssisiPaceGiusta chiedono al Parlamento e al Governo di “trovare il coraggio di dire basta alla carneficina in corso a Gaza da 69 giorni e riconoscere lo Stato di Palestina”.

L’accordo della Cop28 sancisce per la prima volta l’uscita dalle fonti fossili in modo da raggiungere le emissioni nette zero entro il 2050, con un’accelerazione dagli anni di qui al 2030, triplicando le rinnovabili e raddoppiando l’efficienza energetica. La scelta di prevedere una transizione graduale per la fuoriuscita da gas, petrolio e carbone rappresenta un timido passo avanti su cui, però, ora i Paesi devono dimostrare azioni decise.

Per la bontà che abita nei cuori e per coloro che si dedicano alla causa del bene: A te la lode e la gloria, O Signore: Maranatha, Maranatha, Vieni, Vieni, Signore Gesù

Sapessimo anche noi rispondere cosa siamo, quale il compito di ciascuno, quale la sua missione! E non confonderci con te, non comprometterci con le nostre presunzioni: essere e dirci appena voce, solo voce che grida nei deserti, e ritenerci tutti, tutti indegni di scioglierti i legacci dei tuoi calzari: Così tutti crederanno in te e non in noi, o Signore. Amen

Is 61, 1-2.10-11 1Ts 5, 16-24

Gv 1,6-8.19-29

Venne un uomo mandato da Dio:

il suo nome era Giovanni.

Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia».

Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».

Questo avvenne in Betania, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

La Parola di questa IIIa domenica di avvento si concentra su figure che preparano una nuova realtà, un cambiamento; persone sbilanciate verso il futuro.

***

La gente di Gerusalemme e di Giudea, tornata nella loro terra dopo decenni di esilio in Babilonia, non riusciva a contenere l’entusiasmo e soprattutto i sogni. Dopo tante umiliazioni, privazioni e povertà, coltivavano progetti di ricostruzione. Ricostruire case, vie, piazze. Sognavano bambini correre, giocare, rincorrersi per i vicoli della città. Immaginavano le piazze con ragazzi e ragazze in festa, i vecchi seduti ai bordi a discutere. Aspiravano a rivedere i cugini rimasti e quei pochi rimasti, i figli dei loro figli… Non avevano grandi pretese ma quella di avere un tetto, un piccolo terreno per dar da mangiare ai figli e di vivere in pace, si, queste pretese dopo settant’anni di esilio, sentivano di averne il diritto.

Invece, al ritorno, non trovarono che cumuli di sassi coperti da rovi, sterpaglie e fichi d’india. I pochi rimasti non erano disponibili a condividere le loro cose con i nuovi arrivati. Possiamo immaginare il senso di delusione e di sconforto; l’amarezza di fronte al rifiuto, la durezza di cuore che arriva a non considerare quanto abbiano sofferto gli esiliati per decidersi ad intraprendere il viaggio del ritorno…soprattutto dopo quello che avevano sentito dire dai profeti.

In simili situazioni, il pensiero che si fa strada è che ognuno pensi a sé stesso e lasciar perdere tutto ciò che s’era sognato e sperato. Il desiderio di darsi da fare per ricostruire lascia spazio all’amarezza.

Sono questi i “cuori spezzati di cui parla la prima lettura. E quando i cuori, cioè le coscienze, si spengono, una forza oscura ci attira sempre più in giù; un buco nero, tutto è nero, persino Dio. Quella gente era convinta che la sorte dell’esilio gli fosse toccata come punizione per aver abbandonato l’alleanza, ora crede che a Dio non gli sia ancora passata. Non sanno cosa fare per vincere la sua permalosità!

Ma il profeta annuncia un Dio diverso. Egli lo invia con il preciso incarico di “fasciare le piaghe dei cuori spezzati”. È il Dio della cura.

Così, anche a noi manda a dire, che non è lui a scarnificare le coscienze, anzi, attraverso la parola profetica, ci annuncia che continua a prendersi cura con amorevolezza e rispetto dei pesi che gravano sui nostri cuori. Entriamo pure in relazione e in contatto con le nostre delusioni, sogni infranti, rifiuti e amarezze che la vita ci riserva e possiamo capire che nessuno ci condanna all’infelicità, ma a partire da quanto abbiamo tra le mani Dio sempre ci ricostruisce. Lui è il padre e la madre che intimamente gioiscono della pace dei figli.

Allora Paolo, nella sua prima lettera ai Tessalonicesi (probabilmente lo scritto più antico del Nuovo Testamento) dice: “Siate lieti, rendete grazie”. Dio è la nostra felicità.

Le letture poi ci consegnano un altro annuncio: Dio si serve di persone, e quindi anche di noi, per prendersi cura dell’umanità:

Lo Spirito del Signore è su di me…mi ha consacrato, mi ha mandato a portare…a fasciare…a proclamare…a promulgare” – dice il profeta.

Il profeta e Giovanni il Battista sono uomini che creano contatto. Con la loro stessa vita consentono alla gente di accogliere questa relazione con Dio che si prende cura e recupera in noi la speranza.

Talvolta può accadere invece che professionisti della religione, ritenendo di essere autorizzati ad occupare il posto di Dio, diventano ingombranti, impediscano la relazione e il contatto, come abbiamo letto nel testo del Vangelo. La religione che gestiscono, invece di farsi voce della cura, diventa per la gente causa di tristezza.

Non credo sia un caso se dal centro templare e religioso di Gerusalemme viene inviata una commissione inquirente da Giovanni, composta da professionisti del culto – sacerdoti e leviti-. Il ministero di Giovanni mette in agitazione i custodi dell’integrità religiosa. Il testo sembra insinuare che, un certo tipo di religiosità gioca spesso a favore della conservazione non del cambiamento.

Sotto indagine vi è la questione della testimonianza e del testimone. Per l’evangelista, occorre non sovrapporre il testimone e l’oggetto della testimonianza:

7 Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.

8 Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce.

Una comunità, una chiesa e i singoli credenti, per rendere “testimonianza”, dovranno cercare di essere motivo di contatto con il vangelo. Il Battista sposta l’attenzione da sé a Gesù Cristo. Se, invece, le chiese concentrano l’attenzione su di sé, non realizzano contatto ma costituiscono ingombro.

Quali sono le scelte, gli stili, gli atteggiamenti da assumere affinché oggi sia la luce di Gesù e del vangelo a illuminare l’esistenza della gente e non l’ingombro della logica del potere a oscurarne l’efficacia?

Gli inviati dal potere vogliono sapere con chiarezza se egli viene nella veste del messia oppure no, perché in caso affermativo, dovrebbero mettere a punto una precisa strategia nella gestione della religione. In ogni caso, la venuta di un messia, se non viene a dare forza all’assetto istituzionale religioso, è senz’altro di disturbo.

Le risposte del Battista, molto asciutte, circa il suo possibile ruolo messianico-profetico, sono formidabili soprattutto per quello che non dicono e non vogliono dire: Non lo sono - Io voce – No.

Giovanni Battista è talmente preoccupato di non usare questo linguaggio da definirsi semplicemente voce, non la parola, nemmeno porta parola! Inoltre, non pensa nemmeno lontanamente LA VOCE ma semplicemente “IO VOCE”.

In sintesi, EGLI NON SI ATTRIBUISCE ALCUNA FUNZIONE CHE POSSA INCENTRARE L’ATTENZIONE SULLA SUA PERSONA.

La seconda serie di domande che la commissione rivolge al Battista riguarda la sua azione: Perché Battezzi?

Battesimo significa immersione. Un rito dai molti significati ma che in buona sostanza voleva indicare la volontà di immergere seppellire il passato per aprirsi ad una nuova realtà; perciò è annuncio e segno del cambiamento. Allora il senso della domanda è: “Se tu non sei quello che pensavamo, perché compi gesti e azioni di cambiamento?” La risposta è in vista di un cambiamento.

Io immergo in acqua; in mezzo a voi è stato chi voi non conoscete: il dietro di me veniente, del quale non sono io degno di sciogliere di lui il legaccio del sandalo”.

Come dire: Io esprimo il cambiamento ma lui ne è la forza che lo realizza instaurando un nuovo ordine di relazioni con Dio, non più attraverso la forza di un sistema religioso di controllo, ma in virtù dell’amore, come uno sposo.

Completiamo la meditazione con la preghiera suggerita da P. Turoldo e con la quale abbiamo iniziato ad ascoltare la Parola: Sapessimo anche noi rispondere cosa siamo, quale il compito di ciascuno, quale la sua missione! E non confonderci con te, non comprometterci con le nostre presunzioni: essere e dirci appena voce, solo voce che grida nei deserti, e ritenerci tutti, tutti indegni di scioglierti i legacci dei tuoi calzari: Così tutti crederanno in te e non in noi, o Signore. Amen

Magnificat Lc 1

L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.

Ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia.


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