Meditazione Va domenica B - Monastero del Bene Comune

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sabato 3 febbraio 2024

Meditazione Va domenica B

 

Ricordiamo, o Signore, davanti a te

Haiti. almeno 170 mila bambini sfollati a causa delle violenze. Nel 2024, l’Unicef stima che 3 milioni di minori nell'isola avranno bisogno di aiuti umanitari a causa dell’escalation di violenza, malnutrizione, recrudescenza del colera e servizi di base sull’orlo del collasso.

Rio de Janeiro travolta da un'epidemia di dengue. A gennaio metà dei casi del 2023, annunciate misure emergenza. Il mese scorso sono state contagiate dal virus almeno 10.156 persone.

Continua l'emergenza nel Parco nazionale Los Alerces in Argentina, dove da sette giorni circa 314 persone sono impegnate nell'opera di spegnimento di un incendio che ha già distrutto almeno 2.830 ettari di boschi.

Brasile: maltempo, tre morti in 24 ore nel sud e nordest. Le piogge nella regione hanno costretto 500 persone a lasciare le proprie case.

I combattimenti in Sudan tra esercito e paramilitari hanno causato "quasi 8 milioni" di sfollati. Il conflitto ha causato più di
13.000 vittime.

Gaza: almeno 17.000 bambini soli o separati dalle famiglie. È "estremamente difficile" ritrovare le tracce dei bambini, perché spesso "non riescono neanche a dire il loro nome" quando arrivano negli ospedali "feriti o in stato di shock.

Nelle capitali di Sierra Leone, Costa d’Avorio e Ghana la costante crescita della popolazione sta decimando i grandi parchi urbani, cruciali per l’approvvigionamento idrico e l’abbattimento dei livelli di CO².

Kenya: femminicidi”. Dall’inizio dell’anno ne sono state uccise 16, più di una ogni due giorni. Ma il numero reale potrebbe essere molto più alto. Una violenza frutto della cultura dominante che vede le donne come proprietà degli uomini.

 Mutilazioni genitali, morte tre ragazze in Sierra Leone. Sottoposte alla pratica, vietata ma comune in molte realtà, hanno subito infezioni letali durante le cerimonie di iniziazione nella provincia nordoccidentale.

 Continua a prenderti cura di noi, o Signore: Kyrie eleison

Aiutaci a riconoscere e a coltivare i semi di speranza

La “madre delle detenute” cilene, suor Nelly Leòn Correa, le organizzazioni indonesiane di solidarietà Nahdlatul Ulama e Muhammadiyah, il cardiochirurgo egiziano di fama mondiale Sir Magdi Yacoub, sono i vincitori del Premio Zayed per la Fratellanza umana 2024. Suor Nelly Leòn Correa si occupa da più di 25 anni di assistere le donne detenute, offrendo loro sostegno e formazione durante il periodo di detenzione e aiutandole poi a reintegrarsi nella società.   una volta uscite dal carcere.  Le organizzazioni islamiche di solidarietà sono state premiate “per i loro incommensurabili sforzi umanitari e di costruzione della pace”. La prima promuove l'idea di un islam in dialogo con le sfide della società di oggi. La seconda promuove la creazione di istituzioni educative, ospedali e progetti di riduzione della povertà. Il cardiochirurgo è stato premiato per il suo impegno nel salvare le vite dei più poveri, comprese le popolazioni vulnerabili.

Alla scuola della Laudato si' nel Borgo voluto dal Papa per i più fragili. Nei 55 ettari della residenza di Castel Gandolfo, uno spazio dedicato a giovani, migranti, donne vittime di violenza, disabili ed ex detenuti ma anche universitari e imprenditori. Educazione all’ecologia integrale, economia circolare, sostenibilità ambientale: le tre direttrici dell’iniziativa.

Roma, nasce l'ambulatorio dedicato alle popolazioni mobili. Il progetto è dell'ospedale Spallanzani.  Il nuovo ambulatorio, a partire dal 7 febbraio, sarà operativo ogni mercoledì dalle 8.30 alle 13 presso i locali dell'ex Hospice. 

Per la bontà che abita nei cuori e per coloro che si dedicano alla causa del bene: A te la lode e la gloria, O Signore: Gloria in excelsis Deo

Gesù, pace dei nostri cuori, donaci di essere portatori del tuo Vangelo laddove la luce della fede è scossa e mantienici vicini a quelli che sono attraversati dai dubbi. Amen

Gb 7, 1-4.6-7 1Cor 9, 16-19. 22-23;

Mc 1, 29-39


29 E subito, usciti dalla sinagoga, andarono nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni.

30 La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. 31 Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.

32 Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. 33 Tutta la città era riunita davanti alla porta. 34 Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.

35 Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. 36 Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. 37 Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!».

38 Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». 39 E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

***

La prima lettura è parte della risposta che Giobbe rivolge a Elifaz, uno dei tre amici che s’erano recati da Giobbe per consolarlo nella sua sofferenza.

Elifaz sostiene la tesi che, se uno è retto e si trova in difficoltà, Dio lo aiuta ad uscirne. Una simile asserzione, apparentemente saggia, Giobbe la sente come un giudizio bruciante: ‘Caro Giobbe, se la sofferenza che ti colpisce non si attenua, significa che tu non sei quell’uomo giusto che credi di essere, oppure, sei orgoglioso, non ti apri alle fiducia in un Dio che ti può sollevare’.

Un simile modo di avvicinarsi a chi soffre è sostanzialmente banale ed ipocrita perché non parte dall’empatia, cioè dal di dentro delle situazioni, ma emette dichiarazioni distaccate, senza partecipazione. È una modalità che rivela durezza di cuore. Elifaz, più che dare consigli, è preoccupato di salvare sé stesso, ossia il suo perbenismo. Talvolta, di fronte a chi sta soffrendo perdiamo l’occasione di stare in silenzio.

Le parole, invece, che abbiamo sentito proferire da Giobbe ci aiutano a considerare le vicende della vita dal di dentro. E per arrivare a questo occorre il coraggio di pori domande scomode. Forse che non ci siamo mai chiesti:

  • Che senso ha quello che faccio?

  • Perché le cose per le quali mi impegno sono così esposte alla delusione?

  • Come sarà il domani per le giovani generazioni?

  • Il bene ha ancora diritto di cittadinanza?

  • La bontà non è esposta alla derisione?

  • Ha senso sperare nel cambiamento? Nel mio cambiamento?...


Giobbe diceva: “I miei giorni scorrono più veloci d’una spola, svaniscono senza un filo di speranza.
Ricordati che un soffio è la mia vita: il mio occhio non rivedrà più il bene
”.

Sembrano affermazioni degne di un non credente, invece ci introducono alla comprensione di un Dio che ci dà appuntamento proprio in quei momenti per rivelarci un amore che non è fatto di onnipotenza spocchiosa. Comprendiamo bene che in simili momenti non abbiamo bisogno di indottrinamenti, né di moltiplicare riti e preghiere, ma di cura fatta con amore, rispetto e delicatezza abbiamo bisogno.

Guarigioni, purificazioni, presenza di demoni ecc. sono molto presenti nel primo capitolo del Vangelo di Marco. Al di là dei significati talvolta di non facile interpretazione, Il nostro brano riferisce in rapida successione tre momenti:

- la guarigione nella casa di Pietro,

- la guarigione di molti malati e indemoniati all’esterno.

- Gesù in preghiera e la conseguente determinazione per una predicazione itinerante.

Tre focus all’interno dell’inclusione compresa tra l’uscita dalla sinagoga con primi quattro incontrati lungo il lago e, alla fine, l’uscita di Gesù da Cafarnao verso altri villaggi.

Il primo movimento quindi è dalla sinagoga verso la casa. È l’esodo che compie Gesù, con i suoi primi quattro amici, uscendo da un mondo chiuso per aderire ad un cammino di umanità e di tenerezza.

La compassione (il con-patire) è l’anima delle relazioni di Gesù. Non è ripetitivo di una dottrina, di una ideologia religiosa... In lui cominciano a intuire che Dio è dalla parte dell’uomo.

Con i suoi, Gesù si dirige verso la casa. Nei vangeli, specie in quello di Marco, la casa, come in dissolvenza, è il luogo dei discepoli e delle discepole di Gesù. Passare quindi dalla sinagoga alla casa significa attraversare uno spazio istituzionale che non considera le persone, per raggiungere invece il luogo della fraternità. È la comunità del Signore.

Lì le persone prostrate, agitate, febbricitanti, schiacciate e inquiete possono trovare una mano che solleva, che rimette in piedi; possono incontrare una tenera fiducia messa a disposizione degli altri. Insomma, in quella casa c’è molta cura, molta umanità, molta diaconia.

Solo l’evangelista Marco afferma che Gesù prese per mano (letteralmente afferra per mano) e alzò la donna febbricitante. Il verbo alzare è il medesimo della risurrezione.

Anche noi, nei momenti in cui ci sentiamo inqueti e schiacciati e non troviamo pace speriamo nella solidarietà di qualcuno che ci dia una mano per ritrovare la nostra integrità. La Casa-Chiesa di Pietro è il luogo dell’intima fraternità in cui ci si dà vicendevolmente una mano per recuperare umanità. - la febbre la lasciò ed ella li serviva

L’ambientazione in cui i soggetti del racconto sono collocati lascia una percezione di agitazione scomposta, simbolizzata in modo particolare dallo stato febbrile della suocera di Pietro, ma non solo. All’esterno, davanti alla porta, vi è come un confluire di gente che sta male fisicamente e di persone possedute da demoni. È vero che nella mentalità dell’epoca la malattia fisica è considerata sintomo della presenza demoniaca, perciò scacciare il demonio equivale a un’azione terapeutica. Ciò nonostante, è difficile capire il senso di un simile racconto dal punto di vista della nostra sensibilità. Occorre interpretare ad un livello che non sia di mera curiosità cronachistica. Insomma, come vanno intesi questi demoni?

Io ritengo che sia necessario, da un lato, prendere congedo da un immaginario eccessivamente infantile e, dall’altro, ripartire dall’esperienza concreta di ciascuno di noi. Può infatti accadere che un sentimento, un sospetto, un’umiliazione subita e quant’altro occupa la nostra psiche ci dia la sensazione di essere totalmente presi…posseduti, appunto. Certamente questi sentimenti forti che proviamo non sono persone, tuttavia non è raro che occupino a tal punto il nostro io da divenire quasi delle presenze. Forse ossessive, ma pur sempre presenze. Ed è vero che sovente possono perfino provocare delle malattie, non solo della psiche ma anche del fisico. In altre parole, credo che i demoni di cui si parla nel Vangelo possono essere interpretati come forti condizionamenti che mortificano e ostacolano la possibilità di corrispondere al nostro esistere come esseri umani. La guarigione che Gesù opera nella gente è essenzialmente una restituzione di umanità a coloro che dell’umanità sono stati privati dai molti, anzi, troppi condizionamenti sociali, morali, culturali religiosi ecc.

34 Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni.

A fronte di tanta agitazione e scompostezza, Gesù incede con una calma maestosa. Lui ridona umanità; cura; prende per la mano e solleva. Non c’è nulla di magico né di miracolistico in tutto ciò. C’è solo una tale amorevolezza per l’umano da vincere il disumano! Di un umano così aveva bisogno anche Giobbe!

Da dove gli viene questa energia interiore?

La risposta la troviamo al v. 35: “Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava”.

Egli si immerge nella tenerezza di Dio per l’umanità e per ogni essere. Da qui l’esigenza di dilatare i contatti al di là di ogni sistema a mondo chiuso:

«Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!».

Chi fa esperienza dell’umanissimo Dio di Gesù averte dentro di sé l’umanissima necessità di cura per tutta l’umanità. Quella preghiera nel luogo deserto, lungi dal rappresentare una separazione dal vivere insieme, è invece il presupposto di una mistica politica; un attingere alla sorgente della tenerezza per prendersi cura di tutti con tenerezza.


Salmo 146

È bello cantare inni al nostro Dio,
è dolce innalzare la lode.
Il Signore ricostruisce Gerusalemme,
raduna i dispersi d’Israele.

Risana i cuori affranti
e fascia le loro ferite.
Egli conta il numero delle stelle
e chiama ciascuna per nome.

Grande è il Signore nostro,
grande nella sua potenza;
la sua sapienza non si può calcolare.
Il Signore sostiene i poveri,
ma abbassa fino a terra i malvagi
.

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