Meditazione Domenica delle Palme - B - Monastero del Bene Comune

NEWS

Home Top Ad

Post Top Ad

sabato 23 marzo 2024

Meditazione Domenica delle Palme - B

 


Tu sei l'unico re che ha voluto morire e non mandare a morte nessuno; andato a morte perché nessuno morisse invano. Noi non vogliamo altro re, o Signore. E tu dici a ciascuno di noi: “Non temere, corri il rischio di seguirmi di nuovo in ogni momento.

***

Mc. 11, 1-10

Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito”».

Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare.

Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano:

«Osanna!

Benedetto colui che viene nel nome del Signore!

Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide!

Osanna nel più alto dei cieli!».

***

La nostra attenzione è subito portata verso il puledro. Esso si trova nel villaggio “di fronte”. È uno spazio di fronte a Gesù che simbolicamente è altro da lui, possiamo pensare: alternativo a Gesù, opposto a Gesù. Potrebbe essere intenzione dell’autore segnalare in questo modo una certa contrapposizione tra Gesù e i dirigenti che gestiscono il tempio ed opprimono la vita del luogo.

Contestualizzato così, il racconto che spende non poche attenzioni per l’animale, intende citare un passo del profeta Zaccaria 9. 9: “Ecco il tuo re viene: egli è giusto e vittorioso, è mite e cavalca sopra un asino, sopra il puledro, figlio d’asina”.


La citazione quindi ci parla di un messia mite e non violento. Ma quell’animale, che si trova nel villaggio “di fronte”, è legato e va sciolto. Come dire: il messianismo non violento è sempre stato impedito. Appunto, occorre liberarlo. Nessuno infatti vi è mai salito sopra, ossia la profezia di cui parla Zaccaria non si è mai realizzata. Ora è giunto il momento.

Ad ogni buon conto, il fraintendimento nei riguardi di Gesù quale messia di potere non s’interrompe: Stendono a lui i mantelli in segno di volontà di sottomissione come racconta 2 Re 9, 13: “Quelli allora s’affrettarono a prendere ciascuno il proprio mantello, lo stesero sotto di lui, sopra i gradini, poi suonarono la tromba e proclamarono: Ieu è re!” .

Alcuni segnano avanti il cammino di Gesù quasi volessero indicargli la strada e altri lo seguono. Si tratta di fare chiarezza in noi davanti a questo possibile equivoco. Chi lo precede, vorrebbe vedere in lui la forza e la potenza come nel guerriero re Davide: lo chiamano Figlio di Davide.

Gesù li deluderà.

Il suo ingresso lo porterà ad andare oltre il luogo trionfale del tempio. Andrà nella sala superiore, dove nel gesto del pane spiegherà il senso di tutto il suo cammino: offrirà pane spezzato perché così è stata tutta la sua esistenza.

Chi ne fa memoria si comprometterà per sempre con questo suo stesso cammino.

***

La prima lettura di questa Domenica delle Palme è il III° Canto del Servo di Jhwh

Is 50, 4-7

Fin dalle prime battute si comprende che il ministero del Servo avviene tramite la Parola. Una parola che ha una funzione di efficacia terapeutica. Essa infatti viene rivolta a chi si trova nella sfiducia, ha in sé la prerogativa di sollevare dalla depressione.

Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo,
perché io sappia indirizzare
una parola allo sfiduciato.

Le parole, e soprattutto, la Parola biblica è come una carezza che ci dice quanto siamo amati, stimati, oggetto di sollecitudine di una tenerezza che ci avvolge. Il Servo chiamato per la “Parola” destinata a sostenere lo sfiduciato, è però uno che si esercita per primo all’ascolto. Il suo servizio ha come presupposto la capacità di ascolto. Un ascolto sempre nuovo:

Ogni mattina fa attento il mio orecchio
perché io ascolti come i discepoli.

Risulta evidente dal testo che non solo il suo ascoltare, ma anche la stessa capacità di ascoltare è il frutto di un dono che riceve dal Signore. Anzi, il Signore compie, per così dire, un’azione-intervento negli orecchi del Servo.

Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio

Di che qualità d’ascolto si tratta? Di un ascolto obbediente, ossia coinvolgente fino al punto da implicare una scelta di non resistenza e di non tirarsi indietro.

e io non ho opposto resistenza,
non mi sono tirato indietro.

Il vero senso dell’obbedienza lo troviamo infatti in un ascolto attento, non nella mera esecuzione di ordini. La stessa radice della parola obbedire deriva da un verbo ascoltare “ob-audire”, cioè scoltare con attenzione.

Il Servo ascolta con disponibilità Dio che si manifesta negli eventi del suo tempo e del suo popolo, egli, in altre parole, ascolta Dio nei fatti. Ed è appunto su questi fatti eventi che interviene per essere luce e trarre dalle tenebre. Ma per questo suo servizio deve pagare dei costi molto alti: egli non incontra solo delle difficoltà ma addirittura persecuzioni.

Ho presentato il dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi”.

D’ora in poi, il tema della sofferenza, collegato al ministero del Servo, è sempre più evidente. Si fa strada cioè un aspetto del mettersi a disposizione del piano del Signore che non percorre più, come nel caso del Servo re, le vie del successo ma piuttosto quelle della sofferenza e del fallimento. È un momento in cui la riflessione d’Israele passa sulle lame del rasoio ed affronta la messa in crisi della tradizionale teologia retributiva che vedeva nel successo il segno evidente del favore divino e nell’insuccesso, il segno opposto. No! Con l’esperienza del Servo le cose non vengono più viste in questa maniera perché s’intuisce che Dio ha bisogno di collaboratori che per amore sanno anche soffrire.

Non si tratta evidentemente di crogiolarsi nel dolorismo della sofferenza fine a se stessa, come se Dio fosse appagato dal dolore. Certo però che il dolore è spesso il costo elevato da pagare per essere fedeli nella lotta contro lo sfruttamento e l’ingiustizia. Varrebbe la pena interrogarci seriamente sulla nostra capacità di sofferenza, di lotta al male, di disponibilità a perdere i nostri vantaggi personali.

Credo che oggi valga la pena sottolineare queste cose perché spesso si cerca di impostare le cose in modo da evitare fastidi, anzi, perfino nella vita di sequela di Gesù si cerca la cosiddetta “realizzazione di sé”. Non ci rendiamo conto che su questa strada costruiamo dei mostri di egoismo autocentrati ed incapaci di aprirsi agli altri? Non è forse questa la tragedia del nostro occidente “sazio e disperato”? Ma cos’è la maturità se non accorgersi che il centro di sé deve essere spostato al di fuori di sé?

Dichiarata la disponibilità, il Servo riposa nella fiducia:

Il Signore Dio mi assiste,
per questo non resto svergognato,
per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare confuso.

Quando le scelte di vita si appoggiano sulla Parola, la nostra debolezza si trasforma in forza, la forza di chi è libero e non ha più nulla da perdere. I potenti, di fronte ad essa tremano. La fiducia nell’efficacia della Parola è tale da conferire una maestosa dignità che mette in crisi tutte le logiche di successo delle apparenze sfornate dal potere.

Salmo 21

Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».

Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.

Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.

Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele.

Post Bottom Ad

Pages