Ricordiamo davanti a te, o Signore
Il 22 aprile un gruppo di ribelli armati ha fatto strage di turisti nel Kashmir indiano, uccidendo 28 persone e alimentando i timori di un'escalation tra India e Pakistan da 70 anni in disputa per la regione contesa.
Il Comitato per la protezione dei giornalisti lancia l'allarme sulla crescente repressione dei media in Africa, con l'Etiopia al centro delle preoccupazioni. L’ultima denuncia riguarda il raid della polizia avvenuto il 17 aprile scorso presso la sede del quotidiano indipendente online Addis Standard ad Addis Abeba.
Congo. Almeno 143 persone sono morte e decine di altre risultano disperse dopo che un'imbarcazione ha preso fuoco sul fiume Congo.
Ennesimo rapimento di un sacerdote cattolico in Nigeria. Si tratta di padre Ibrahim Amos, parroco nel nord ovest della Nigeria.
Il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite ha avvertito di aver esaurito tutte le sue scorte alimentari nella Striscia di Gaza devastata dalla guerra, dove Israele ha bloccato l'ingresso di tutti gli aiuti umanitari dal 2 marzo.
Gli attacchi israeliani sulla Striscia di Gaza nelle ultime 24 ore hanno ucciso almeno 45 persone e ne hanno ferite oltre 100.
Ti preghiamo, o Signore, prenditi cura di noi: Kyrie eleison
Aiutaci a custodire e a discernere i germi della speranza
Francesco...uomo,
Francesco...fratello, Francesco...in carcere, Francesco...In barca, Francesco...attraverso il Mediterraneo, Francesco...in ospedale, Francesco... malato, Francesco...tra le bombe, Francesco...bambino, Francesco...tra le macerie, Francesco... in strada, Francesco... sfruttato, Francesco... oppresso, Francesco senza casa, Francesco... senza lavoro,
Francesco disabile,
Francesco...in periferia,
Francesco... povero,
Francesco...umile,
Francesco...ultimo,
Francesco....nudo,
Francesco ...terra,
Francesco... scartato, Francesco... disarmato, Francesco... che lavora, Francesco...che studia,
Francesco.... che cammina,
Francesco... che lotta, Francesco...che sorride, Francesco...che piange,
Francesco... che abbraccia,
Francesco...semplice,
Francesco... che accoglie,
Francesco… che accarezza,
Francesco...che perdona,
Francesco...vero,
Francesco...che spera, Francesco...che ama,
Francesco...vivo,
Francesco grazie.
Per la bontà che abita nel cuore umano e per coloro che si mettono a disposizione del bene, a te la lode e la gloria, o Signore: Gloria in excelsis Deo
Vieni ed entra nei nostri cenacoli chiusi, Signore, perché abbiamo tutti e di tutto paura: paura di credere, paura di non credere, paura di essere liberi; e poiché la tentazione di asserragliarci in antichi steccati è sempre grande, vieni ed abbatti le porte dei cuori, le differenze e i molti sospetti soprattutto fra quanti dicono di crederti. Amen
At 5,12-16 Ap 1,9-11.12-13.17-19
Gv 20,19-31
La Parola di questa seconda domenica di Pasqua fa emergere in modo discreto e poi, via via sempre più evidente, la realtà della comunità dei discepoli e delle discepole del Signore. In tempi di marcato individualismo come quelli che viviamo, facciamo un po’ di fatica ad accorgercene ed a comprenderne la portata.
Il quadro che ci offre la prima lettura, il libro dal libro di Atti, è una scena di gruppo:
“Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone” - “Il numero andava aumentando”.
L’autore dell’Apocalisse, all’inizio si firma definendosi “vostro compagno nella tribolazione e nella costanza in Gesù”
Nel brano evangelico emerge con chiarezza la distinzione tra i discepoli e il solitario Tommaso e il suo cammino di fede una volta reinseritosi in quello della comunità.
Se ci abbandoniamo alle sensazioni che ci giungono attraverso le immagini, sentiamo che la comunità è un organismo vivo, non di una benemerita istituzione custode di ricordi nostalgici e di reliquie. Le parole più frequenti sono quelle di guarigione, di superamento delle paure – “non temere” – di pace, di perdono dei peccati. Insomma, per quella comunità la fede nel Signore risorto è questo insieme di cose per cui chi vi partecipa si sente vivo, dentro l’intreccio delle relazioni, dei dialoghi, dei pareri differenti, dove ognuno ha la sua storia, ognuno dice la sua ma, al tempo stesso, ognuno si sente legato agli altri perché Gesù, il Signore li raccoglie tutti. Non apprezzeremo mai abbastanza questo dono che ci fa il Signore di strapparci dalle nostre solitudini. Ognuno di noi è una vocazione destinata a formare una “con – vocazione”.
La prima parte del brano evangelico ci parla della comunità chiusa nelle sue paure. Le porte erano sprangate per paura dei dirigenti. Gesù entra a porta chiuse. È un modo per dire che il Signore entra nelle nostre paure, le attraversa, le scioglie. E poi inizia qualcosa di nuovo: augura lo Shalom e, come già Dio all’inizio della creazione, anche Gesù soffia sulla comunità dei suoi. Inizia una nuova creazione dove le situazioni segnate dal male e dalla chiusura possono essere ricomposte nel suo amore: il male e le scelte sbagliate possono essere svincolate dalle persone. “aggiustate quindi le situazioni sbagliate”. In altre parti del Nuovo Testamento i discepoli vengono mandati a guarire, ma in fondo è la stessa cosa. Si tratta di entrare nella nuova creazione concretamente. I credenti sperimentano nella loro vita la risurrezione di Gesù perché si mettono al servizio della risurrezione del mondo: “rimettete i peccati…”. Il versetto, poi, continua: “a chi non li rimetterete, non rimessi resteranno”. Talvolta, la comunità cristiana ha frainteso queste parole come se Gesù avesse permesso ai suoi di esercitare in modo arbitrario il perdono o di condizionarlo a regole precise. In realtà le sue parole vanno comprese all’interno di un modo di dire tipico del suo ambiente, vale a dire all’interno della retorica biblica del parallelismo. In altre parole, si tratta di un compito assegnato alla comunità dei discepoli e discepole in maniera rafforzata: “Dovete ricomporre le situazioni sbagliate, dovete superare le chiusure (rimettere i peccati) perché se non lo fate, il male, la chiusura, l’errore e quanto c’è di negativo, rimane e incancrenisce”. Darsi da fare per superare il male è prendere parte alla nuova creazione. Gesù poi parla al plurale perché quest’opera di restituzione di ogni cosa e soprattutto di ogni persona all’integrità è un’opera che va portata avanti insieme.
A questo quadro comunitario, la vicenda di Tommaso si contrappone come un cammino individuale, anzi, individualistico. Egli rappresenta il cammino di tutti coloro confondono la fede con la ricerca di reliquie; coloro che dicono “Dio mi ha detto” e poi non sono capaci di ascoltare gli altri; che fanno chilometri per visitare santuari, luoghi di apparizioni e di miracoli sensazionali e poi non si accorgono che il Signore si dona nella Parola, nell’assemblea eucaristica e negli eventi della storia, nei volti umani.
Quando Tommaso si ricongiunge agli altri, e non è un caso che l’evangelista annoti: “otto giorni dopo”, vale a dire nel giorno in cui tutta la comunità celebra la memoria viva del Signore, matura dentro di sé la grande e nuova professione di fede: “Signore mio e Dio mio”. Noi dobbiamo essere molto grati a Tommaso perché col suo cammino difficile ci ha meritato la bella beatitudine del Signore, ma dobbiamo essergli soprattutto grati perché ci aiuta a comprendere che camminando insieme la nostra fede diventa esperienza concreta mentre, camminando da soli, siamo destinati a perderci in nel fango di una religiosità ammuffita e senza vita.
Dal Salmo 117
Dica
Israele:
«Il suo amore è per sempre».
Dica la casa di
Aronne:
«Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che
temono il Signore:
«Il suo amore è per sempre».
La
pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra
d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia
ai nostri occhi.
Questo è il giorno che ha fatto il
Signore:
rallegriamoci in esso ed esultiamo!
Ti
preghiamo, Signore: Dona la salvezza!
Ti preghiamo, Signore: Dona
la vittoria!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Vi
benediciamo dalla casa del Signore.
Il Signore è Dio, egli ci
illumina