Meditazione seconda domenica di Pasqua - Monastero del Bene Comune

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sabato 18 aprile 2020

Meditazione seconda domenica di Pasqua


Care e cari sorelle e fratelli,
ho riflettuto un momento prima di attribuirvi l'appellativo di sorella e di fratello perché mi dispiacerebbe che fosse un semplice modo di dire dal tono omiletico, un po' clericale.
Nel 2006 visitai i miei confratelli stimmatini in Paraguay, mi colpì uno di loro perché salutava le persone chiamandole primo prima, cioè cugino cugina. “Perché li saluti in questo modo?” gli chiesi - “Perché Hermano (fratello) è troppo impegnativo”- mi rispose. Eppure quando penso al volto, alla voce, alla storia, alle gioie e alle sofferenze di ciascuno di voi, non posso fare a meno di sentire che tra noi, in questi anni Qualcuno ci ha fatto dono della fraternità e della sororalità. E come vorremmo che questo tipo di legame divenisse il fondamento delle relazioni in tutto il mondo e con ogni essere vivente! Dunque mi dà serenità profonda il lieto impegno di riconoscere tutti voi come sorelle e fratelli.
È vero, ci manca l'eucaristia della domenica, giorno del Signore, tuttavia credo che in questo tempo ci venga chiesto di scoprire una dimensione profonda della nostra fede, ossia il sacerdozio comune, tanto a dire che ogni discepolo/a del Signore, in quanto battezzato, cioè pienamente immerso e coinvolto nella vicenda di Gesù, sul modello dello stesso Gesù Cristo, offrendo se stesso attraverso ciò che fa e vive, realizza il culto perfetto. In parole povere, tutti siamo sacerdoti e sacerdotesse ogni qualvolta esprimiamo amore verso gli altri e verso ogni essere vivente. Se non possiamo partecipare al sacramento dell'eucaristia, allora scopriamo e viviamo la messa della vita. Questo è il sacerdozio di Cristo e di tutti noi.

Se posso permettermi, torno quindi a consigliare che in ogni casa, si cerchi uno spazio adatto, magari ponendo al centro della mensa un fiore e/o un cero acceso, si apra il libro della Bibbia, si possono leggere i brani della Parola della domenica, esprimere qualche considerazione o leggere insieme i pensieri meditativi che qui presento e condividere qualche preghiera. A ricordo della Santa Cena mangiamo insieme un po' di pane e beviamo un po' di vino. Dopo la preghiera del Padre Nostro, il/la più giovane della famiglia benedica gli altri membri.

Fraternamente
p. Silvano

Vieni ed entra nei nostri cenacoli chiusi, Signore,
perché abbiamo tutti e di tutto paura: paura di credere, paura di non credere, paura di essere liberi; e poiché la tentazione di asserragliarci in antichi steccati è sempre grande, vieni ed abbatti le porte dei cuori, le diffidenze e i molti sospetti soprattutto fra quanti dicono di crederti. Amen



Atti 2, 42-47; 1Pt 1, 3-9;

Gv. 20, 19-31

19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Didimo, non era con loro quando venne Gesù. 25Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
30Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Salmo 117

Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».
Dica la casa di Aronne:
«Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che temono il Signore:
«Il suo amore è per sempre».
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
Questo è il giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci in esso ed esultiamo!
Ti preghiamo, Signore: Dona la salvezza!
Ti preghiamo, Signore: Dona la vittoria!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Vi benediciamo dalla casa del Signore.
Il Signore è Dio, egli ci illumina.


Il brano comprende due scene (vv.19-23 e vv.24-29) e una conclusione generale (vv.30-31). Nella prima scena è raccontato il venire di Gesù in mezzo ai suoi, nella seconda, la vicenda che vede coinvolto il discepolo Tommaso in un duplice dialogo: prima con gli altri discepoli e poi con Gesù. Entrambi i momenti sono introdotti da una coordinata temporale di notevole interesse: '19La sera di quel giorno, il primo della settimana' - '26Otto giorni dopo'.
Non è difficile pensare che queste indicazioni temporali riflettano prassi della Comunità cristiana delle origini che, appunto, il primo giorno della settimana e/o l’ottavo giorno, celebra la memoria del suo Signore Crocifisso e Risorto.
Alle due scene, nel brano si aggiunge una conclusione:Ma questi (i segni) sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome”. (Vi è poi un altro capitolo, il 21° nel vangelo di Giovanni, ma si tratta di un'evidente aggiunta ecclesiale assai significativa).
Cosa significa avere la vita nel suo nome? Il nome è la sua realtà. Rende presente efficacemente il mistero della persona. Avere vita nel nome di Gesù, significa fare della nostra vita la manifestazione della risurrezione di Gesù.
Nella seconda lettura, è detto che il Padre del Signore nostro Gesù Cristo ci generò per una speranza viva in forza della risurrezione. In altre parole, la vicenda di Gesù è generativa in noi di espressioni di vita nuova. Un esempio di manifestazione della risurrezione, per quanto possa considerarsi un po' idealizzato, lo troviamo nella prima lettura, nel libro di Atti: “Tutti i credenti stavano riuniti insieme e avevano tutto in comune, le loro proprietà e i loro beni li vendevano e ne facevano parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno... spezzavano il pane e prendevano cibo con gioia”. La novità di vita consiste nell'essere, non più isolati dagli altri e rivolti solo a se stessi, ma con gli altri mai contro sempre rivolti verso gli altri e solidali, cioè parte vitale dell'insieme. Questo in buona sostanza significa avere vita nel nome di Gesù.
Nel racconto evangelico, i discepoli abitano la stanza della paura. Chiusi, bloccati, non possono vivere.
In ogni compagine e in ogni Chiesa gestita e supercontrollata dal timore di uscire dalle righe, non c'è vita, non c'è gioia, non c'è respiro! Manca la VITA NEL NOME DI GESU'.
Giovanni rende questo clima con alcune espressioni: caduta la notte e le porte chiuse (sprangate). Si tratta di una situazione a vicolo cieco, disperata, senza via d’uscita.
Gesù, manifestandosi, non rinfaccia, non redarguisce per la loro pavidità ma, rendendosi presente, tanto a dire: entrando dentro, attraversando le paure, svela l’inconsistenza delle chiusure. Dal di dentro cioè smuove quelle esistenze paralizzate perché vi entra con quell'amorevolezza inesauribile, e segni delle mani, dei piedi e del costato stanno lì a testimoniarlo, di colui che prima di morire si piegò a lavare i piedi. Grazie a quell'amore certo, la comunità delle discepole e dei discepoli può lanciarsi e sbilanciarsi fino ad osare la profezia del primo giorno dopo il sabato. Ecco perché il saluto di Gesù si realizza nel dono della pace-shalom come un restare in piedi nella vita, senza timori, come la possibilità di realizzare le promesse di bene di cui ogni essere è portatore.
Il dono diventa poi un incarico: Vi do lo shalom, rimettete i peccati. Vale a dire, riportate le situazioni umane in un orizzonte di giustizia e di verità.
Il parallelismo antitetico a coloro a cui, perdonerete i peccati saranno perdonati; e a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati”, non autorizza i discepoli ad un perdono del tutto arbitrario, come se fosse loro dato un potere di fare il bello e il cattivo tempo. È invece un'affermazione che obbliga i discepoli (si noti: i discepoli in quanto tali, quindi tutti, non solo gli apostoli!) ad un'azione di liberazione riconciliazione assolute.
Se non lo facessero avrebbero la responsabilità di lasciar languire la realtà nelle sue contraddizioni. Questo è il senso ultimo delle parole “e a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati”.
Occorre prendere parte al progetto di una nuova creazione sulla quale ormai il Signore ha già effuso il suo Soffio vitale. Questo è “avere la vita”.

L’altra sequenza, come abbiamo detto, riguarda la vicenda di Tommaso. È un quadretto che sostanzialmente ci offre delle considerazioni circa l’esperienza della fede.
Alla fede che rompe con i “mondi chiusi e apre le stanze delle paure per dare aria” si perviene attraverso un cammino da cui non è esente il dubbio e la perplessità (Tommaso è presentato come il “gemello”, lui è come noi, noi siamo come lui). Quando egli perviene alla fede, non è perché il suo bisogno probatorio ha raggiunto gli elementi sufficienti, ma perché anche lui si trova di fronte a quei segni che lo riportano a quell'amore incondizionato e inesauribile di cui ha intuito lo spessore la sera della lavanda dei piedi. Se si fosse trattato di soddisfare al desiderio di avere delle prove, sarebbe bastato constatarne la presenza, invece, è invitato a toccare (entrare in contatto) con i segni di quell'amore, vale a dire: a collocarsi nella prospettiva del dono di sé. La fede non nasce dalle prove ma dall'amore.
Infine, è assieme agli altri che si giunge a superare le strettoie del dubbio e si perviene alla commovente adesione fiduciosa. Lo sguardo fisso sui segni dell’amore fedele (guarda… tendi la mano) consente di rimanere uniti agli altri nonostante tutto. Possiamo rimanere con le nostre paure, fatiche immaturità ecc. perché, in ogni caso, l’amore fedele non abbandona nessuno.




Mentre stiamo vivendo la situazione difficile dell'isolamento per uscire dalla pandemia del Coronavirus, non dimentichiamo chi nel mondo vive questo e altri drammi. La preghiera ci renda sensibili e attenti all'umanità tribolata.
          • È stato ritrovato giovedì pomeriggio in acque maltesi il barcone dei 55 dispersi: 12 i morti.
          • Rispetto alla Cina e ai paesi europei, il Sars-CoV-2 è arrivato più tardi in Africa, ma il ritmo della sua diffusione sta aumentando rapidamente.
          • Una seconda invasione di locuste devasta l’Africa orientale.
          • Dopo la riconquista, da parte delle forze del governo di unità nazionale di Al-Serraj, delle città costiere di Sorman e Sabratha, strappate ieri al controllo delle milizie del generale Haftar, decine di missili hanno colpito martedì mattina la capitale libica.
          • L'allarme di Bankitalia: la criminalità in cerca di affari, sfruttando il coronavirus. "Nuove occasioni" per le mafie per "svolgere attività usurarie e per rilevare o infiltrare imprese in crisi".


La preghiera ci renda pure sensibili e attenti a cogliere e favorire i segni di speranza

          • Il pagamento debito dei paesi più poveri, la gran parte di quali sono africani, è sospeso per un anno.
          • L'Algeria dona 304mila paia guanti sterili all’Italia in solidarietà con il popolo italiano nella lotta contro il coronavirus.
          • Il Papa prega per gli operatori sanitari che assistono i disabili colpiti dal Covid-19.
          • Nonostante la grave situazione di emergenza sanitaria, la Mensa dei Poveri “Padre Alberto Beretta”, non si ferma e continua costantemente a dare una mano a tutte quelle persone che altrimenti non riuscirebbero a fare neanche un pasto al giorno.
          • Greenpeace chiede all’Unione Europea di mettere fine al commercio mondiale di specie selvatiche per tutelare gli ecosistemi, la biodiversità e la salute pubblica, considerato il rischio concreto del moltiplicarsi della diffusione di patologie come il Covid-19.



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